La giornata dei motti arguti

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Seconda Superiore. Ultimo sabato di scuola. Ultima interrogazione dell’anno. Un ragazzino dinoccolato, cresce in fretta mentre le movenze da bambino ne tradiscono ancora la goffaggine, sveglio, intelligente, furbissimo, gli basterebbe soltanto ascoltare per sapere tutto, ma tutto proprio, fa l’arbitro, seguisse una regola che sia una in classe, deve recuperare l’insufficienza a Storia.

E’ preparato, si è studiato bene la lezione, senza dare troppo a vedere che la sa a memoria, ma ti piace che sappia articolare discorsi su discorsi senza incepparsi. Lo ascolti, interrompendolo qua e là, e quando lo interrompi il meccanismo oliato si inceppa un po’. Non ti stupisci, non ti accanisci, lo lasci finire. Bene, gli brillano gli occhi, sorride. “Torniamo un po’ indietro nel programma…” Non se lo aspetta; incredibile ma vero, non se lo aspetta per davvero. Gli dai una chance ulteriore, facendogli scegliere un argomento fra tre più vecchi. Sceglie il meno peggio, ma non lo sa comunque. Gli chiedi quante altre materie ha sotto. Ne ha.

Gli chiedi che senso ha non fare niente per nove mesi, peraltro invernali e orribili, e rovinarsi l’estate. L’estate, l’unica stagione possibile, l’unico momento della vita possibile. Ti risponde “Mi ammonisca ma non mi espella” e la risposta, come quella di Chichibio, ti sorprende. Sorridi. Lo guardi negli occhi. “Va bene, ma se l’anno prossimo ti ritrovo in Serie B e non in Serie A sarà il tuo campionato più difficile”.

Sorride. Distoglie lo sguardo. L’ora finisce, l’aria è immacolata, il deguello negli auricolari e i tuoi dubbi di sempre nel cuore.

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