In dialetto aretino il verbo appropriato sarebbe la voce del verbo sussare. Si sa cosa significa, vero? Non significa qualcosa di grave ma di antipatico, sì.
A chi di voi starebbe bene se il Comune utilizzasse una foto professionale scattata da un privato, non fotoamatore, addetto di mestiere nel campo della produzione di immagini, in ambiti anche istituzionali, come una pubblica amministrazione?
A nessuno, mi sa.
Se, poi, la foto non è una, ma sono sette, tanti scatti quanti sono gli assessori della giunta comunale di Arezzo, è comprensibile che il disappunto cresca. Aumenta in proporzione all’entità.
L’entità non tanto del guadagno sfumato a chi è fotografo professionale, quanto alla grandezza della delusione di non essersi sentito neanche interpellato.
O meglio: chiedere la cortesia di mettere a disposizione di Palazzo Cavallo quegli scatti fotografici. Quelli che, da quando c’è la nuova amministrazione comunale, figurano ne l’@retina, sito ufficiale del Municipio, al link Giunta.
E giacché non può valere la scusante del precedente rapporto di collaborazione , instaurato dal Comune con il fotografo di mestiere, onde giustificare l’utilizzo delle fotografie da lui scattate ai nuovi assessori, oltre al comprensibile disappunto e alla naturale delusione si aggiunge una puntina di umano sdegno.
Ciascuno di voi può verificare di persona la carrellata di ritratti fotografici che corredano le note personali di ciascuno dei 7 assessori. Escluso il sindaco.
Di nessuna di esse, il Comune ne ha concordato l’utilizzo gratuito con l’autore. Pur sapendo chi fosse il fotografo. Neanche ha ritenuto di definire un compenso per la cessione definitiva degli scatti.
Li ha presi. Sic et simpliciter.
Ed ha collocato le foto dove le vediamo. Ma non solo. L’Ente ne consente il libero sfruttamento ad altre fonti. In particolare, agli organi di informazione.
A chi starebbe bene? Soprattutto di questi tempi? E, in particolare, in certi mestieri in cui le opportunità di lavoro oggigiorno sono un bene prezioso come non mai?
Appunto, nel campo delle immagini, gli addetti di mestiere ne sanno qualcosa delle conseguenze derivate dall’utilizzo oramai generalizzato di dispositivi atti a produrre immagini quasi professionali. Se non addirittura atti ad attingerle da autori professionali. Se ci si mettono anche le amministrazioni pubbliche, addio.
Ma, al di là di questo risvolto prettamente economico, è legittimo domandare se anche per una pubblica amministrazione non debba valere il principio secondo cui chiedere è cortesia, ottenere è facoltà del privato, già autore di fotografie per l’Ente. Ma, oramai, svincolato da precedenti obblighi.
Insomma, sussare non è in questo caso una cosa grave. Ma antipatica davvero sì.