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martedì, Aprile 29, 2025
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C’è un bar con il caffè alla cannabis

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Carlo e Luigi rischiano 4 anni di carcere e anche 30mila euro di multa:almeno finché non sarà approvata la legge che legalizza l’uso della canapa indiana.
Loro provano, intanto, ad aggirare la legge che ne vieta l’uso, insieme a tutti i clienti del bar negozio che stanno per aprire a Roma nel quartiere di San Lorenzo.
Un locale pubblico dove si possono consumare cibi e bevande, tutti a base di canapa indiana: si può mangiare una pasta, un panino, bere una birra, prendere un caffè.
Per trovarlo basterà cercare l’insegna: c’è scritto Canapa Caffè. Per chi non vuol né mangiare né bere, ma farsi solo una canna, c’è una sala per l’inalazione:la therapy room, alla quale si accede solo esibendo la tessera che autorizza la cura di patologie fisiche e mentali con la cannabis indiana.

Cosa che in Italia è legale solo se la cannabis si acquista in farmacia su prescrizione del medico.
Legale sì ma a prezzi alla portata di pochi: per un grammo a uso terapeutico ci vogliono dai venti ai venticinque euro. “Per riuscire a comprarla per tutti abbiamo fatto un gruppo d’ acquisto – dice Carlo – così siamo riusciti ad abbassare un po’ il prezzo”.

Carlo soffre di anoressia nervosa, Luigi di attacchi di panico. “Stiamo meglio – dicono – solo da quando possiamo permetterci di curarci con la cannabis”. Una cura che gli è stata prescritta in Spagna da un medico che ha anche consigliato ai due giovani di coltivarsi la cannabis da soli. Non sapeva che in Italia non si può fare.

Carlo e Luigi, infatti, non lo fanno, ma si curano nel loro negozio, dove la canapa ad uso terapeutico costa poco e dove, anche senza curarsi, si può bere un Canapa Caffè. In attesa che non ci sia più il rischio di pagarlo con quattro anni di carcere e 30 mila euro di multa.

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Campano a martello
Campano a martello
Niente paura: il campano di Palazzo Cavallo ha suonato a martello una volta sola, e per sbaglio. Successe il 16 luglio 1944 quando per festeggiare la liberazione di Arezzo, chi salì sulla torre, era troppo felice per pensare ai significati dei rintocchi. Bastava che il campano tornasse a suonare. Anche ora il campano vuol suonare come quel giorno di festa: agli aretini di allora bastò che suonasse, non importa se a martello, per sentirsi finalmente liberi. Perché non dovrebbe bastare anche agli aretini di oggi che suoni a martello anche per sbaglio, purchè risvegli la città dal sonno e festeggi una nuova conquista di libertà?
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