Ora se vende anche l’oro; eppoi che ce rimane?

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Meno male che l’Arezzo ce dà qualche soddisfazione perché sinnoe ce sarebbe da buttasse nela Chiana. Parlon de ripresa, ma a Rezzo per ora s’è vista la discesa e poco altro. Doppo la brutta morte de Banca Etruria ora se ne va anche l’oro. Piglia la via de Rimini e Vicenza, che rispetto a noi sono avanti cent’anni.

Alora c’è da chiedese: ma che s’è fatto nel’ultimi trent’anni per meritasse questo casino?

Tutto s’è fatto, tutto e de più. Nel’anni ottanta, quande s’aiva i guadrini che ce scappavon dal’orecchi, s’è pensato dimolto ognun per sé e per niente a fare d’Arezzo una città de valore. A Rezzo ‘n c’è più niente, manco l’oro pe’ la pizza, e se cerca de correre ai ripari senza guadrini  e senza esse’ capaci. E ora che ce penso, anche l’Arezzo è d’un romano…

Basti pensare che l’assessore ala cultura è un ingegnere (bravo a fa’ ll’ingegnere, per carità) e che al turismo c’è ‘n ragazzo (bravo, per carità).

La Camera de Commercio ha finito i soldi e se sta per fondere con quella de Siena, la banca ‘n s’ha più e ora se vende anche l’ori de famiglia. E doppo?

Toccherà andare a vendere ‘l c… ale Cascine… ma ‘n se pol fa’ ppiù manco quello, che ‘l treno costa troppo.

Brutto presente, a Rezzo, ma ‘n compenso s’entravede un futuro da fare schifo!

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Pietro Aretino
« Qui giace l'Aretin, poeta Tosco, che d'ognun disse mal, fuorché di Cristo, scusandosi col dir: "Non lo conosco"! » (Ironica epigrafe indirizzata all'Aretino da Paolo Giovio[1]) È conosciuto principalmente per alcuni suoi scritti dal contenuto considerato quanto mai licenzioso (almeno per l'epoca), fra cui i conosciutissimi Sonetti lussuriosi. Scrisse anche i Dubbi amorosi e opere di contenuto religioso, tese a farlo apprezzare nell'ambiente cardinalizio che a lungo frequentò.

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