Aretini tuttologi

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Gli aretini, oltre a mangiare, sono avvezzi a due passioni: calcio e politica.
Non è raro osservare nei bar, a tutte le ore (pure quelle lavorative, nelle quali invece orde di sfaccendati oziano ai tavolini), questi soggetti discutere animatamente, sbracciarsi e a volte litigare, con toni accesi.
Oggetto di questi simposi sono il tifo calcistico e la politica, argomenti dove dividersi in partigianerie è un attimo.

C’è l’interista (sfigato di solito) che accusa la Juve di rubare, il milanista che difende ad oltranza la proprietà cinese, il viola incarognito e il romanista che ce l’ha con tutti.
Non parliamo poi della politica: gli aretini si sentono tutti economisti, sociologi e riformatori, oppure populisti e forcaioli, salvo poi scoprire che non votano da anni, oppure votano l’amico che promette loro qualche favore o raccomandazione.

Dal dire al fare c’è di mezzo il mare, questi allenatori – tuttologi e scafati legislatori, di solito sono omini di mezza età e pensionati, la cui istruzione spesso viaggia tra la quinta avviamento e il corso per tornitori.
Mentre tutto cambia, il mondo evolve in un minuto, loro ancora parlano come ai tempi di Peppone e Don Camillo.
Sul calcio poi il ridicolo: “noi abbiamo vinto, noi compreremo, noi cambieremo allenatore”, quando la massima proprietà di alcuni di questi NOI è un apecar o il motorino di vent’anni addietro.

Il folklore aretino è trasversale, dal centro alla periferia centomila tuttologi si interrogano forse perchè ancora non siano stati chiamati ad insegnare ad Harward od eletti in Parlamento, tuttalpiù allenatori al Barcellona o al Bayern.
In realtà la risposta è chiara: tempo da perdere, nessun interesse concreto e litri di vino trangugiati e avanti così.

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