Quando Cosimo riaprì gli occhi non riusciva a capire cosa ci facesse quella fetta di castagnaccio attaccata allo specchietto retrovisore.
Lui era al posto del guidatore e Danilo a quello del passeggero.
Anche questo era piuttosto strano.
Danilo dormiva, o qualcosa del genere.
I vetri erano appannati, l’aria irrespirabile.
La testa gli faceva male e sentiva come un martellamento continuo sulla tempia destra.
Una voce sembrava ripetergli “creatura splendente… creatura splendente”.
Quando gli occhi riuscirono a mettere a fuoco la figura sullo specchietto, capì che l’immaginazione e la realtà divergevano drammaticamente.
Una voce femminile gli stava gridando “cretino, deficiente… cretino deficiente!” e ciò che gli stava martellando sulla tempia destra era il manico di un ombrello ripiegabile firmato Naj-Oleari.
“Svegliati! Cretino! Svegliati! Deficiente!”
Sonia stava infierendo come un moro di Venezia sul cuoio capelluto di Cosimo.
Sul sedile posteriore accanto a Sonia, rideva divertita Serena.
Sonia e Serena erano conosciute come le SS della Val di Chiana per la ferocia con cui pronunciavano quella semplice parolina: “no”.
Cosimo e Danilo, invece, erano riusciti a convincerle ad uscire con loro, ma sembrava che le due non avessero apprezzato l’idea di portarle a cena alla sagra del Marrone di Caprese.
Danilo invece era entusiasta.
E quando Danilo è entusiasta, beve; e quando Danilo beve, parla più del solito (che già di per sé basterebbe); e quando Danilo parla più del solito, spara stupidaggini e incamera aria; e quando Danilo incamera aria… l’aria tutt’intorno diventa irrespirabile.
Proprio come quella che, in quel momento, stagnava all’interno della macchina.
Questo giustificava ampiamente la reazione inconsulta di Sonia e la scomposta ilarità di Serena.
I fumi dell’alcol di Danilo stavano annebbiando la mente di chi gli stava intorno.
“Va beh, andiamo… Danilo dammi le chiavi della macchina” Cosimo aveva reagito così all’ennesimo rutto aromatizzato ai frutti di bosco.
Poi, sarà stato il buio, sarà stata la nebbia o la presenza ingombrante di Danilo, fatto sta che l’ultima immagine che Cosimo riusciva a ricordare era il gomito di una curva a gomito.
Insomma quella picchiava, quell’altra rideva, Danilo dormiva e la macchina giaceva placida in un campo di erba medica.
La situazione, già di per sé complessa, riuscì incredibilmente a peggiorare: lampeggianti della polizia, lampeggiante del carro attrezzi, genitori delle due con occhi lampeggianti, paroloni, palloncini, insulti dei parenti, saluti alle patenti… insomma un disastro.
Le due, scortate dai genitori, si stavano allontanando quando Serena improvvisamente sfuggì alle sue guardie del corpo per dirigersi verso Cosimo.
“Io comunque stasera, mi sono divertita… fatti vivo!”, gli diede un bacio sulla guancia e scappò via.
Pausa.
Cosimo rimase immobile a fissare le ombre che si allontanavano nella nebbia e poi un flash, come il magnesio delle foto di inizio secolo.
Un flash che liberava dall’immobilità e trasformava un sorriso costruito in una risata naturale.
A quel punto non esisteva più la polizia, né il carro attrezzi, non esisteva più la guida in stato di ebbrezza e neppure il palloncino, non esistevano i lampeggianti, non esistevano i manici degli ombrelli, non esisteva più nemmeno Dani…
“Danilo ma… ma cosa fai!?” disse Cosimo osservando Danilo che gli veniva incontro con la fetta di castagnaccio in mano: “Cosimo, si fa a metà?”
Danilo esisteva. Eccome.