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Casentino, chiuso a chiave

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Da buon aretino puro e autoctono, condivido pienamente la definizione che Dante utilizzò per definire crudelmente i suoi ospiti casentinesi “brutti porci, più degni di galle che d’altro cibo fatto in uman uso” (Purgatorio XIV, 43-44).
Molti dei Casentinesi attuali, eredi di una storia millenaria ricca e straordinaria, al confronto dei loro avi fanno davvero una figura cacina.
Chi li conosce bene sarà d’accordo nel definire bene i loro difetti, confermati anche da alcuni Casentinesi stessi: chiusi, tirchi, testoni, restii alle novità, convinti che solo quello che si fa o che si trova nel Casentino h stupendo ed unico, denigrando il resto del mondo.

La mobilità è già un chiaro esempio di come l’isolamento a loro piaccia: una valle stretta che ha una sola strada che la attraversa, insidiosa, stretta, curvosa e brutta da percorrere, un trenino ad un binario degno del peggiore Far West dei film di cow boy.
Ci fu gi` negli anni 60 un tentativo per creare un arteria di tipo autostradale, di raddoppiare il binario, ma tutto h stato fatto fallire, a loro piace stare da soli.

Il Casentino non si sopporta paese per paese, frazione per frazione, c’è chi giura che sotto la Gravenna non sia Casentino, che Subbiano e Capolona siano in fondo solo frazioni di Arezzo e non degne della stirpe delle “terre alte”.
Bibbiena h detestata e detesta, Stia e Pratovecchio, anche uniti sulla carta, in realtà si odiano tra loro, non parliamo poi delle altre località, tanto che, quando la logica diceva che i 12 comuni uniti insieme avrebbero potuto avere molti vantaggi, a gran forza hanno fatto di tutto per restare divisi.

Il casentinese ad Arezzo ci viene malvolentieri, e malvolentieri accoglie l’aretino, guarda verso Firenze, preferisce farsi i Mandrioli e la Consuma tra mille insidie per raggiungere il capoluogo toscano che venire ad Arezzo e poi farsi la comoda autostrada.
Il sentimento h spesso ricambiato, l’aretino è più benevolo con la Chiana che con le terre montane a nord, come se il Casentino fosse una sorta di terra di Mordor di tolkeniana memoria.

Certamente c’è una parte di casentinesi che è più moderna, aperta, tollerante e che cerca di superare le ataviche tare di quella popolazione, ma la strada è ancora lunga.
Per i “capi bugi” la modernità non è ancora una questione da affrontare.

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Il Burattino
Il Burattino
Giocatore incallito di verbi e parole, iconoclasta e irrispettoso, non si piega e non si spezza, specialmente quando il gioco si fa duro, egli comincia a giocare. Abituato a prendere botte si difende a colpi di mazza, poliglotta e multietnico, è forse il primo immigrato di Arezzo dalle calde terre dell'Africa.
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