Per anni Arezzo è stata considerata la “città dell’oro”, un po’ gretta, dove i soldi scorrevano a fiumi come in un texas toscano.
Veniva ben rappresentata dal “Penna” con il personaggio del “Bussino”, orafo rozzo e cinico ma anche scaltro, che se ne fregava di tutto ciò che puzzava di sociale.
Ora è più difficile rappresentare una realtà che riscopre il disagio, le paure e le difficoltà economiche e comportamentali.
Eppure, in un contesto oggettivamente difficile, la città continua a stupirci per alcuni rivoli di umanità che, seppur nascosti ed invisibili ai più, esistono.
Parliamo oggi della “fraternità Federico Bindi” onlus, un centro diurno che accoglie i senza tetto, i disagiati sociali, fornendo loro una colazione, permettendo anche una doccia ed un servizio di lavanderia.
Il tutto gestito da volontari e grazie alle donazioni di privati.
Non ci sono interventi ed aiuti pubblici, c’è solo tanta volontà e voglia di umanità.
Si umanità, perché gli ospiti del centro non sono sempre soggetti facili.
A volte non sono né simpatici né collaborativi ed il lavoro dei volontari non è facile per ricondurre i fruitori a comportamenti socialmente accettabili.
Eppure, da circa 4 anni, ogni giorno quasi 30 disperati usufruiscono di questi servizi; alcune pasticcerie e forni forniscono alimentari per la prima colazione, due lavatrici sono sempre in funzione nei piccoli locali a disposizione.
E’un mondo variegato quello del disagio dove i soggetti sono di ogni parte del mondo ma sempre più italiani.
Il lavoro del centro è prezioso perché aiutare a riconquistare una dignità personale consente a queste persone una possibilità di reinserimento sociale, fornendo anche una maggior sicurezza e decoro alla città.
A volte un ex insegnante impartisce lezioni di italiano e c’è anche un esperimento di co-housing dove 3 o 4 persone che possono rilasciare un contributo convivono in un piccolo appartamento dove cercano di ricreare un vivere socialmente accettabile.
Ho saputo di qualche successo come un ospite meridionale con problemi di alcol che è stato completamente recuperato ed ora lavora in una struttura per anziani con impegno e dedizione.
Quando lo ricordo a Mauro, un volontario, gli si illuminano gli occhi e dice che anche altri, seppur con fatica, sono usciti dai loro tunnel mentali e sociali.
Certo, sarebbe molto più semplice far finta che queste persone non esistano.
Salvo poi piangere lacrime di coccodrillo come quando, qualche giorno fa, un senzatetto è stato trovato morto nel parcheggio Cadorna.
Una società sana e forte non dimentica i suoi figli più fragili.

E non è un caso che il presidente di questa onlus, Cristiano Rossi suoni in un complesso musicale che si chiama Kabila, che in arabo significa tribù.
Una tribù che rappresenta l’intera umanità nei suoi mille colori, lingue, culture e fragilità.
Ed è proprio lui a fare un appello: si avvicina l’inverno e qualche sacco a pelo rappresenta una mano di salvezza per questa gente senzatetto.
Ma sono ben accetti anche detersivi per bagno e cucina, e tutte quelle cose talmente elementari che sembrano banali per noi ma diventano fondamentali per salvare la dignità di quelle persone.