La Toscana -si sa-, in quanto terra dei Guelfi e dei Ghibellini, e’ una regione di accesi campanilismi e di atavici contrasti ed i due “triangoli delle Bermude”, l’uno, Pisa-Livorno-Lucca e l’altro, Firenze-Arezzo-Siena, ne sono un chiaro esempio.
Ovviamente lo sport, in particolare il calcio, non sfugge a queste rivalità, che puntualmente tornano a rivivere nei frequenti incontri tra squadre toscane, come accadra’ questa sera per la semifinale dei play off di Serie C tra Arezzo e Pisa, un derby, che richiamerà al “Città di Arezzo” circa ottomila spettatori, molti dei quali provenienti dalla città della Torre Pendente (gli aretini auspicando che, alla fine, diventi la città della Torre Perdente)
Certamente non è un derby sentito come quello tra Arezzo e Siena, oppure come quello tra Pisa e Livorno, tuttavia neppure e’ una partita qualsiasi, sia per l’importanza della posta in palio, sia per le ragioni storiche e sportive, che accomunano le due Città.
Per quanto riguarda la storia, ci ha pensato il fiorentino, non del tutto arbitro imparziale, Dante Alighieri, a legare Pisa ed Arezzo ad un comune filo conduttore: il percorso dell’Arno.
Nel XXIII canto dell’Inferno Dante, scosso dalla triste vicenda del Conte Ugolino, si scaglia nella famosa invettiva ” Ahi Pisa, vituperio delle genti “, augurando che le due isole di Capraia e di Gorgona si muovano e blocchino l’Arno sulla foce sino a farlo straripare, portando all’annegamento di tutti i cittadini della crudele città, definita appunto, “vergogna degli italiani” ed, in seguito, chiamandone gli abitanti “volpi dedite alla frode“.
Non molto diverso e’ il trattamento usato dal Sommo Poeta nei confronti di Arezzo e degli aretini, che, nei canti XIV e XV del Purgatorio, egli chiama “botoli ringhiosi e, per rafforzare questa definizione, scomoda anche qui l’Arno, che “disdegnoso gli torce il muso” (nds: gli aretini, riconoscenti, ringraziano il Padreterno per la svolta di Giovi, perché, altrimenti, le alluvioni le avremmo avute noi, anziché Firenze !).
Per quanto attiene alle ragioni sportive, esse hanno origine alla fine degli anni ’70, allorché l’indimenticato allenatore dell’U.S. Arezzo Dino Ballacci denunzio’ pubblicamente i metodi ed i comportamenti, definiti “mafiosi”, di Romeo Anconetani, che, per quanto radiato per una vicenda di illecito sportivo, era di fatto, con il silente beneplacito della F.IG.C., il vero Presidente del Pisa (formalmente lo era il di lui figlio Adolfo).
Per queste (fondate) accuse, Ballacci, uomo serio ed onesto, prima ancora che grande allenatore, pagò di persona con una lunga squalifica, che, praticamente, pose fine alla sua carriera, mentre Anconetani, a seguito della vittoria della nazionale italiana nei mondiali di Spagna del 1982, poté beneficiare della grazia e poté assumere la presidenza del Pisa a tutti gli effetti, portando la squadra neroazzurra in serie A, salvo, qualche anno più tardi, portarla pure al fallimento: circostanza, quest’ultima, che accomuna anch’essa le due società, che si fronteggeranno nel tentativo di tornare nel calcio che conta.
E lo faranno oggi 29 maggio, una data tragica ed, ancora una volta, comune alle due Città: infatti, in quel maledetto giorno del 1985, allo Stadio Heysel di Bruxelles, persero insensatamente la vita due aretini ed un pisano di Ponsacco (oltre ad un lucchese e ad un pratese).
roprio nel ricordo di questa tragedia confidiamo che i botoli ringhiosi aretini e le volpi pisane di dantesca memoria si rechino allo stadio solo per assistere ad una bella partita di calcio, tifando a più non posso per la propria squadra, ma senza oltrepassare i limiti di una sana rivalità sportiva.