Se Arezzo diventa il ricettacolo del coronavirus

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La struttura che ospiterà i pazienti con influenza da COVID-19, dopo aver abbandonato quella del Planet di Rigutino, sembra per motivi di ordine fognario, è stata fatta scegliendo un condominio al centro di una zona popolosa con accanto un supermercato e sotto un ristorante: il condominio “I Gelsi”, nella via omonima accanto a viale Santa Margherita.

Certo, il ristorante è già sotto scacco, visto che rifornisce i pasti al Centro Chirurgico Toscano, ma per il supermercato si possono presentare grossi problemi, oltre naturalmente al gran numero di persone residenti proprio adiacenti alla struttura.

Qualcuno si chiederà perché una scelta così infausta che sta già mobilitando i numerosi abitanti di quella zona?
Perché non si è cercata una struttura più appartata e meno antropizzata vista la pericolosità del virus?

Perché il sindaco Ghinelli, così bravo nel denunciare il distanziamento sociale, nella sua conferenza stampa di ieri sera, pur sapendolo, non ha minimamente accennato alla cosa?

Certo, le informazioni che circolano sono alquanto sconcertanti.
Possibili anomalie di tipo edilizio saranno prontamente sanate nei prossimi giorni; la stessa vicinanza del Centro Chirurgico toscano (ancora) sembra non essere un caso.

Perché, considerando la complessità di una gestione Covid-19 dove lavanderia, pulizia, scarichi delle feci ecc. sono all’ordine del giorno, si è scelta una soluzione tanto sciagurata?

La sanità ad Arezzo si è comportata, fino ad ora, in modo eccellente.

Dopo che quasi l’intero ospedale di questa città è diventato monouso al coronavirus, perché caricare ancora la città di Arezzo con altre strutture covid-19 invece di utilizzare una provincia così vasta?

E’solo pigrizia o c’è qualche altra cosa?

Signor sindaco nella sua conferenza stampa di questa sera dovrà spiegare bene questa decisione che vede già la popolazione sul piede di guerra attraverso iniziative, raccolte firme e manifestazioni.

Perché è solo una questione di buon senso trovare strutture idonee non in città ma in luoghi più appartati.

I malati di covid-19 già soffrono abbastanza, evitate di farli diventare i bersagli di una insurrezione popolare, gestiteli al meglio in strutture dedicate e non in quelle che sembrano governate da altri tipi di interessi.

In mattinata ci saranno conferenze on line e lancio di petizioni.
Ve ne daremo notizia.

6 Commenti

  1. ..i malati di covid-19 già soffrono abbastanza, evitate di farli diventare bersagli di una insurrezione popolare – tipo non scrivendo inutili banalità (od orrende sciacallaggini) come queste?

  2. Il solito petaloso e sinistrorso radical chic Petrai, che per fortuna tutti hanno imparato a conoscere…peccato che l’Ortica sia “popolata” da elementi così, quando altri (Pietro Aretino, Etrusco) sono molto più pungenti e bravi..vabbè, ogni classe ha quello che rende meno, l’importante è saperlo….

  3. cittadini di Arezzo che fanno muro verso persone che non hanno nessuna responsabilità di ciò che le è accaduto. Volete fare i lazzaretti, siete gli untori del 2020? Vergogna . Dissentite e manifestate contro il sindaco per i disservizi , sporco , buche nelle strade, segnaletica , mancate sanificazioni delle strade dove si fanno assembramenti e sporcizie di mercato.

  4. Sugli abitanti del quartiere attorno al condominio “I Gelsi”, dopo la presa di posizione di alcuni (NB: alcuni) di loro, si stanno scaricando le frustrazioni di una città.
    Su questa vicenda si è scritto tutto e il suo contrario, anche se abbiamo finito per liquidarla senza capire fino in fondo ciò che è accaduto.
    Caro direttore, provo a farlo adesso con lei in questo sperduto commento, sperando di solleticare la sua curiosità.

    Abbiamo anzitutto letto in un comunicato stampa ufficiale della USL datato 9 aprile (https://www.uslsudest.toscana.it/comunicati-stampa/arezzo-individuato-anche-ad-arezzo-l-albergo-a-disposizione-dei-pazienti-con-influenza-da-covid-19) che la scelta era caduta sui Gelsi perché, “dopo gli scrupolosi controlli” quel condominio aveva “ricevuto il giudizio di idoneità dal Dipartimento di Prevenzione” e ciò per tanti motivi, non ultimo il suo “allacciamento ad acquedotto e a pubblica fognatura”; si è scoperto poi, il 13 aprile, stando a quando hanno affermato il sindaco e il direttore di Teletruria Caneschi (minuto 30.06, https://www.facebook.com/ComuneDiArezzo/videos/648111946042832/), che le fognature non erano a norma, almeno rispetto alla normativa prevista per aree destinate a malati infetti: qualcuno sembrerebbe (sembrerebbe!) aver mentito.

    Non si scappa: o sindaco e Caneschi o la USL.
    Ora, se fossero stati i primi, lo derubricheremmo a maldestro, ma comprensibile, tentativo di far credere ai cittadini che in queste decisioni l’interesse collettivo prevale sempre e comunque sulle loro opinioni, così da sterilizzare eventuali e nuove critiche future (ragionevole, anche se in tempi di libertà compresse faremmo volentieri a meno di rinunciare anche a questa); se, invece, a raccontare una verità un po’ storta fosse stata la seconda, che aveva appunto già formalizzato la cosa col comunicato stampa citato, ci sarebbe molto da riflettere, anzi moltissimo, perché evidentemente la scelta era stata fatta fuori dalle regole pur sbandierate e avrebbe messo a rischio la salute pubblica, a partire dai quelli di quei cittadini da tutti offesi.

    Proseguo.
    Se sulla reale idoneità della struttura fossero davvero sorti dubbi a posteriori, quale sarebbe dunque il significato del comunicato di “Arezzo 2020” dell’11 aprile, che ha riversato in modo persino sorprendente un bel po’ di odio su un quartiere abitato da cittadini “scandalosamente disumani”, “irrazionali”, “privi di etica” e “ignoranti”, per usare – parafrasate – le accuse esplicitamente mosse (https://www.arezzonotizie.it/politica/gelsi-planet-residenti-proteste-polemica.html)?
    E perché pure “Arezzo 2020” scriveva, come avrebbe poi confermato il sindacato, che c’era qualche aspetto “ancora da chiarire, relativo agli aspetti tecnici delle strutture”, se la ASL l’aveva teoricamente ufficializzato già due giorni prima?
    Qualcuno, ancora una volta, sembrerebbe (sembrerebbe!) aver raccontato qualcosa di storto.

    E ancora, per restare a quel comunicato (che appare quasi uno sfogo), chi è – visto che altre firme non reca – che anima quel movimento, “Arezzo 2020”?
    Chi sono le personalità pubbliche che aderiscono ad esso?
    Hanno qualcosa a che fare con il tema oggetto di discussione?
    E, più in generale, esiste un qualche legame fra quella struttura e altre della zona coinvolte nel soccorso alla sanità toscana in questo drammatico momento?
    Non ho tempo di indagare, ma ne sarei curioso, se non altro per avere un quadro più chiaro di ciò di cui si parla.

    Proseguo.

    Abbiamo letto su “La Nazione” del 10 aprile (https://www.lanazione.it/arezzo/cronaca/albergo-sanitario-sfumano-i-gelsi-d-urso-chiederò-al-prefetto-di-requisire-un-hotel-1.5102602 ) che D’Urso intendeva chiedere la “requisizione di una struttura”, perché, come comunicò in un’intervista a Teletruria dello stesso giorno, non risultavano altre disponibilità.
    E perché, in una successiva intervista, sempre a Teletruria, il prefetto avrebbe parzialmente smentito D’Urso, affermando che non occorreva procedere a requisizioni, quanto piuttosto a proseguire nell’esame delle strutture che si erano candidate?
    Ma non erano state valutate tutte?
    E D’Urso non aveva detto che altre non ve ne erano?
    Qualcuno, anche qui, sembrerebbe (sembrerebbe!) aver mentito (o il prefetto o, di nuovo, la ASL).

    Caro direttore, nessuno, specie fra i suoi colleghi giornalisti – i primi, anzi, coi chiodi in mano per mettere sbrigativamente in croce i residenti (chiare le prese di posizione del Caneschi nel video del sindaco o le tesi affidate a Facebook dai vari D’Anzeo, Buracci, Casalini…) – ha ritenuto opportuno indagare su queste mezze verità in evidente conflitto.

    Nessuno, fra i giornalisti, si è preoccupato di capire, e tanto meno di spiegare, che il residence “I Gelsi” si inserisce nel contesto di un supercondominio (con una sua interessante storia e un suo presente) e, di conseguenza, che esso si affaccia su strade che, sebbene ad uso pubblico, pubbliche non sono, ma hanno proprietari che di quelle strade pagano luce e asfalto (alcuni mi dicono che non è per loro possibile nemmeno mettere un cancello per delimitarle, vista la presenza di un supermercato, della clinica, del residence e del ristorante!).

    Nessuno si è preoccupato di capire se quei co-proprietari di quelle vie d’accesso – messi al corrente della scelta a cose fatte – fossero stati o meno coinvolti.

    Nessuno, fra i giornalisti, si è preoccupato di valutare gli elementi oggettivi che – al netto della struttura (certamente moderna e di pregio) – rendevano quella scelta particolarmente inopportuna (forse addirittura la più infausta!), almeno rispetto ad altre alternative, proprio per la densità residenziale dell’area, per la presenza (al pian terreno del residence) della mensa che rifornisce i ricoverati del San Donato (no, il cibo non arriva loro dalla mensa del San Donato) ospiti del vicino Centro Chirurgico e per la presenza di un supermercato.

    Nessuno, fra i giornalisti, è andato a vedere se ci fossero – e ce ne erano (anzi erano forse la maggioranza, se solo si fossero sentiti!) – i vicini comunque disposti, anche alla luce di quanto scritto sopra, a un dialogo e a una leale collaborazione con un’eccellenza del quartiere per accogliere i concittadini colpiti dal virus e farsi carico, a gratis, dei modestissimi rischi che quella presenza comportava.

    Nessuno, fra i giornalisti, ha ritenuto opportuno – più in generale, a prescindere da questo caso – fare la cronaca anche finanziaria della collaborazione pubblico-privato in questa drammatica fase, che pure dovrebbe interessare il pubblico, trattandosi di denari che un tempo gli appartenevano. Si sa nulla in materia?

    E nessuno che sia venuto ad ascoltare davvero le ragioni di un quartiere nel quale, a dispetto delle fantasie di “Arezzo 2020”, vivono architetti, ingegneri, insegnanti, avvocati, servitori dello stato, professionisti della salute, imprenditori e artigiani affermati, insomma persone per bene che rimandano volentieri al mittente certe gratuite offese (direttore, venga a conoscerli ad una delle cene che periodicamente fanno tutti assieme in un angolo del quartiere: scoprirà un’umanità bellissima ed una socialità che rinvia a un passato molto lontano).

    Ecco, sì, forse i veri assenti sono stati i giornalisti (e si badi bene alla professione, che è ben diversa da quella di “addetto stampa”): molti di loro se la sono cavata con un paio di commenti, buoni a sparare su cose che non conoscono, a sistemarsi la coscienza e a non increspare tanto le acque.

    Caro direttore, avrà forse l’Ortica che punge e prude – l’unica ad aver sinora dato spazio ad una voce eterodossa – il coraggioso compito di indagare le cose che non sono state raccontate o, almeno, quelle che non tornano?

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