Ad Arezzo (portiamo il discorso sul locale, ma vale per tutta Italia) è invasa da mascherine e guanti monouso buttati via dalle persone dopo averli indossati.
Inoltre camici, cuffie, tute e calzari utilizzati da medici e infermieri negli ospedali, oltre a mascherine e guanti, sono in quantità notevole da smaltire.
Che fine fanno ?
Che fine dovrebbero fare realmente ?
Quesiti che dobbiamo porci, poiché il rischio inquinamento e contaminazione da questi oggetti non è irrilevante.
Hanno appesantito sicuramente il volume di rifiuti della differenziata, aumentando la spesa per la raccolta e lo smaltimento, generando un nuovo degrado; uccelli impigliati nelle mascherine disseminate nelle strade, giardini, lungo i fiumi.
I dati ufficiali dicono che gli scarti del settore sanitario seguiranno come sempre la strada riservata ai rifiuti pericolosi. Ogni anno arrivano negli inceneritori o vengono avviate a sterilizzazione circa 145 mila tonnellate di rifiuti potenzialmente infetti: tra marzo e aprile di quest’anno, questo flusso ha subito un aumento di circa il 20%.
Per il resto i dispositivi usati per andare a fare la spesa o a passeggiare, vanno buttati nel contenitore dell’ indifferenziata, chiusi in una busta. Quelli utilizzati nei luoghi di lavoro sono rifiuti speciali e vanno smaltiti sul posto; se assimilati ai rifiuti urbani confluiscono nella raccolta urbana indifferenziata.
La confusione resta comunque, perché Regioni e Comuni hanno recepito e legiferato in materia di smaltimento in modo diverso.
La rete di smaltimento dovrebbe essere regolamentata in modo più chiaro, non lasciando spazio a interpretazioni personali, in previsione poi dell’aumento di plastica che inquinerà con la riapertura della ristorazione e dell’asporto.
Alla fine, come sempre succede in Italia, vale tutto e il contrario di tutto.
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