Che sta succedendo a questa città che sembra diventare sempre più triste?
Può essere solo il covid a renderla così priva di energia, a non reagire alle difficoltà del momento?
No, non è nel carattere degli aretini.
Eppure ad attraversare la città ti viene la malinconia.
Non solo per i numerosi negozi chiusi, in attesa di altri gestori, oltretutto, con la fine delle elezioni, si sono liberati un sacco di altri locali affittati dai partiti per la campagna elettorale.
No, c’è qualcosa di più che rende la città malinconica.
Mancano le idee, l’innovazione, la cura della sua storia.
Mancano progetti veri che proiettino Arezzo nel futuro.
Cosa c’è da aspettarsi da una città che in questo momento punta solo sulla possibilità di far svolgere il mercatino tirolese?
La nuova giunta avrà un compito arduo ma stimolante.
Non basteranno più le chiacchiere in politichese.
Però, diciamolo con franchezza, non tutti i consiglieri nuovi eletti fanno ben sperare, impantanati nelle loro vecchie ideologie, nei loro casini personali e nei clan di appartenenza.
Eppure ci vuole coraggio per creare un futuro a queste bande di ragazzini, alti un soldo di cacio, che scorrazzano nel fine settimana come nei sobborghi del Bronx, incuranti delle norme e del rispetto altrui.
E naturalmente la colpa non è loro ma di quella generazione di genitori di mezza età, cresciuti a birra e grande fratello, che ha abdicato al loro ruolo di educatori.
Certo, il problema culturale non è solo di questa città, ma noi la vediamo meglio perché le nostre relazioni sono sempre state improntate ad una concretezza contadina che ci rendeva esenti da squallide sirene “aperitivanti”.
Perché come si legge nella Storia di Arezzo e degli aretini:
“Gli aretini sono gente con ancora impresso il marchio della terra che per secoli hanno coltivato: ruvidi e simpatici, tirchi e lavoratori, orgogliosi e diffidenti, prudenti e coraggiosi.
Ma forse manca loro una qualità che in questi frangenti sarebbe utilissima: un po’ di fantasia.
Forza e coraggio.”
Scriveva Elisée Reclus che Arezzo è una nobile “molto decaduta” che unicamente vive dei “grandi ricordi e monumenti del suo passato”.
Non può essere che triste chi vive di ricordi; e soprattutto chi vive un presente di cui continuamente misura l’inconsistenza, e quindi consapevole che non diverrà mai passato degno di ricordo.