Crac BancaEtruria: richiesta la condanna di tutti gli imputati Da uno a sei anni le pene richieste dai pm Angela Masiello e Julia Maggiore per il crac di BancaEtruria che vede 24 imputati tra ex consiglieri e dirigenti dell’ ex istituto bancario aretino.Continua a leggere
1) Alberto Rigotti, ex consigliere: sei anni e sei mesi.
2) Giorgio Guerrini, ex vicepresidente: cinque anni e 4 mesi.
3) Federico Baiocchi Di Silvestri, dirigente: cinque anni e 4 mesi.
4) Giovanni Inghirami, ex vicepresidente: 4 anni e 9 mesi.
5) Augusto Federici, ex consigliere: quattro anni.
6) Lorenzo Rosi, ultimo presidente: tre anni e nove mesi.
7) Mario Badiali, ex sindaco revisore: tre anni e quattro mesi.
8) Saro Lo Presti, ex sindaco revisore: tre anni e quattro mesi.
9) Burzi Piero, dirigente Etruria: tre anni e tre mesi.
10) Franco Arrigucci, ex sindaco revisore: tre anni e due mesi.
11) Paolo Fumi, ex dirigente: tre anni.
12) Enrico Fazzini, ex consigliere: due anni e 8 mesi.
13) Paolo Cerini, ex sindaco revisore: due anni e 4 mesi.
14) Crenca Giampaolo, ex sindaco revisore: due anni e 4 mesi.
15) Platania Carlo, ex consigliere: due anni e 2 mesi.
16) Massimo Tezzon, ex presidente revisori: un anno e sei mesi.
17) Polci Carlo, ex sindaco revisore: un anno e sei mesi.
18) Bonaiti Alberto, ex consigliere: un anno e sei mesi.
19) Gianfranco Neri, ex sindaco revisore: un anno e 4 mesi.
20) Bonollo Luigi, ex consigliere: un anno e 4 mesi.
21) Bartolomei Corsi Maurizio, ex dirigente: un anno e due mesi.
22) Laura Del Tongo, ex consigliere: un anno.
23) Orlandi Andrea, ex consigliere: un anno.
24) Ugo Borghesi, dirigente: un anno.
Pene già inflitte con il con rito abbreviato a l’ex presidente di Banca Etruria Giuseppe Fornasari e a l’ex direttore generale Luca Bronchi, a 5 anni, a l’ex vice presidente Alfredo Berni due anni e all’ex membro del cda Rossano Soldini a un anno.
Dichiarazione di Giovanni Donati e Alessandro Caneschi, consiglieri comunali PD: “Cimiteri: situazione fuori controllo” La mancanza di programmazione da parte di Arezzo Multiservizi e dei vertici nominati dell’Amministrazione Ghinelli in questi anni ha evidenziato in un momento così particolare, la cronica mancanza di posti nei cimiteri periferici del nostro Comune.Continua a leggere
I cimiteri sono 50 extraurbani oltre al cimitero monumentale cittadino: dai dati forniti nella risposta dell’Assessore Chierici, all’interrogazione che abbiamo presentato nel Consiglio Comunale del 2 aprile, è evidente che nella maggior parte dei cimiteri presenti nelle frazioni non sono stati realizzati interventi significativi.
Ad oggi, se analizziamo i dati forniti sui loculi nei 50 cimiteri periferici, emerge che c’è una disponibilità di 376 posti, ma di questi ben 284 sono in 7 cimiteri: questo significa che nei restanti 43 cimiteri abbiamo in media 2 posti disponibili; se prendiamo in esame le tombe, questa media si abbassa addirittura a 1,64 posti disponibili.
La mancanza di posti crea notevoli disagi ai cittadini in un momento così delicato, anche in considerazione che nel mese di marzo, ad Arezzo, il numero dei deceduti è stato pari al doppio rispetto al mese di marzo dell’anno 2020.
Oltre a quanto sopra, registriamo continue segnalazioni da parte di cittadini che lamentano il precario stato di manutenzione in cui versano cimiteri ubicati in piccole frazioni come ad esempio Pomaio, Calbi, Sant’Agata alle Terrine, San Cassiano, Badia San Veriano; cittadini che sono costretti, periodicamente, a chiamare la Società Arezzo Multiservizi per rifornire l’acqua delle cisterne o per ripulire internamente o esternamente il cimitero.
Le nostre proposte:
-programmare da subito nuovi interventi di ampliamento nei cimiteri periferici, soprattutto quelli ubicati nelle frazioni più lontane dal centro della città, in base al numero degli abitanti delle località stesse: ogni cittadino deve avere il diritto di poter essere sepolto in modo decoroso e nel cimitero più vicino al luogo dove ha vissuto;
-invertire la rotta immediatamente con un piano di manutenzione continuo ed efficace di tutti cimiteri.
Dichiarazione del consigliere comunale Roberto Bardelli: comunità energetiche, il futuro prossimo delle comunità locali Perché non pensare anche ad Arezzo alle comunità energetiche?
Si tratta di soggetti che mettono assieme cittadini, piccole e medie imprese, magari con un ente pubblico capofila, per garantire la condivisione di energia, prodotta sopratutto da fonti rinnovabili. La comunità energetica può essere l’equivalente di un quartiere cittadino dove, ad esempio, abitazioni private e aziende si dotano di pannelli fotovoltaici, di comune accordo, e cominciano a produrre energia per se stessi e il contesto dove abitano. Ci sono incentivi anche a livello nazionale.Continua a leggere
I benefici sono vari: l’energia è prodotta da fonti, come già accennato, rinnovabili e dunque pulite, viene prodotta e consumata localmente, con minori costi di trasporto e perdite di rete.
È uno stimolo allo sviluppo e permette di sopperire a eventuali situazioni di carenza.
Per loro stessa natura, le comunità energetiche devono essere ‘aperte’: deve essere possibile aderirvi per chiunque, purché appartenente all’area dove sorgono.
Insomma, per le istituzioni locali questa nuova idea può costituire un’ottima opportunità per guardare al futuro energetico con fiducia, con la prospettiva di una certa autonomia di produzione e consumo elettrico, associati a un risparmio e a una scelta ecologica.
Dichiarazione del consigliere comunale Ilaria Pugi: “quella fondazione che fa tremare il Pd aretino: inizio della fine del consociativismo della sinistra aretina”
“Disinformazione e strumentalizzazione sono sicuramente i sottotitoli dell’ennesima protesta delle Donne Democratiche che, a dispetto del nome, di democratico dimostrano di avere ben poco.
Ultimamente abbiamo assistito a manifestazioni, invero con scarso seguito, prive di contenuti costruttivi. La sintesi di queste iniziative, farcite da campagne di odio contro un progetto, quello della Fondazione che ancora deve muovere i suoi primi passi, porta a una sola verità: la sinistra cittadina è preoccupata di perdere quella storica rendita di posizione nei confronti del ‘mondo sociale’ che una volta controllava e che oggi si sta sempre più smarcando da un partito che non sa innovare e leggere i tempi.Continua a leggere
La dimostrazione più chiara è la caduta di consenso e di tesserati del Pd.
La battaglia contro ogni progetto di Fondazione appare pretestuosa, senza contenuti reali ma creata ad arte per mantenere acceso un dibattito con chi ormai ha ben poco da dire.
La polemica perenne, innescata e arricchita da un terrorismo psicologico da inculcare nel pensiero di lavoratori e lavoratrici del sociale o della scuola, ha l’unica strategia di assurgersi a presunti paladini di tutto, come se l’opinione pubblica non sapesse o non ricordasse chi ha iniziato ad appaltare e smantellare i vari servizi pubblici.
Quanto intende fare l’attuale maggioranza è il contrario: il Comune non può alienare servizi alla persona inderogabili o attribuiti dalla Costituzione, ma ha il dovere in primis di prendere atto che la situazione, rispetto al passato, è in continua evoluzione, presenta esigenze nuove, necessità inedite, vista anche la crisi pandemica.
Una nuova domanda, da parte dei cittadini, che pretende risposte nuove che possono solo arrivare da un diverso e più efficace sistema organizzativo, non legato a schemi vecchi di decenni e in molti casi non più attuali e dispendiosi.
Vogliamo garantire assistenza maggiore alle fasce deboli, ma delineare nuovi modelli per evitare che esse aumentino.
In una società dove i padri lavorano facendo i rider fino a notte e le madri magari le commesse in un ipermercato, chi ha oggi soluzioni per l’educazione e l’assistenza ai figli?
In una città dove oltre 20.000 persone hanno più di 65 anni, un Comune può ricordarsi di loro solo se hanno bisogno di assistenza o devono trovare uno spazio in una Rsa?
La risposta a questi quesiti pone di per sé le basi per proporre nuove idee.
Dire no a tutto è facile, mascherare i propri problemi con finte dicerie è facilissimo.
Difficile, ma non impossibile, è sviluppare invece modelli aggiornati.
Migliorare può fare paura?
Sì!
A chi ha la percezione di perdere consenso e pezzi di un antico consociativismo, ovvero una certa parte politica che alberga nella sinistra cittadina”.
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