Arezzo sta diventando una città “gonfia” come un botolo ringhioso.
Il suo deterioramento sociale e culturale sta risvegliando le coscienze di molti cittadini.
Una politica sulla città che non esiste e che si appoggia a taumaturgi e fondazioni esterne dimostrando la sua incapacità.
Molti cittadini se ne sono accorti, basta leggere i commenti ad un sito dove si chiedeva come sia amministrata la città.
Anche a noi de l’Ortica arrivano sempre più segnali di disagio e di rabbia per una gestione della città insulsa e inconcludente.
Ecco una lettera appena arrivata in redazione.
L.P.
Chi incita al bello, chi rimprovera il provincialismo, chi ha la ricetta magica, chi dice a tutti di esser lui il cambiamento.
E intanto la città sprofonda, in basso e ancora più in basso.
A volte mi son detta: se ognuno di noi facesse la sua parte.
Inutile, tempo perso, e poi chi ascolta veramente la voce dei cittadini?
Cose dette e ripetute.
Tanto nulla cambia.
Perchè LORO così vogliono: che nulla cambi.
I tempi morti del covid avrebbero potuto dare quel respiro, economico (non si è speso per due anni) e organizzativo per far si che la città potesse mettersi in discussione con un piano organizzativo e una visione costruttiva iniziando a metter fondamente solide di una cultura di comunità diversa, e soprattutto dare al termine CULTURA un significato di ampio spettro.
Sono troppi gli anni che Arezzo ha alimentato di ignoranza la finta vita godereccia dei suoi cittadini, e come si dice il pesce puzza dalla testa.
La notizia della nomina di un direttore a r t i s t i t i c o dedito alla bellezza della città altro non fa che confermare il fallimento, ennesimo, di una classe politica, prima anche amministrativa, appunto fallimentare.
Necessita un cambiamento radicale del modo di pensare Arezzo, e soprattutto di pensare, considerare ed includere i suoi cittadini, che io intendo, quelli che non vedi, che non fanno parte del cerchio magico dei pochi, quelli i cui figli hanno grandi profili e meriti ma che non sapranno dove applicarli.
Vista dall’esterno, come se si avesse un binocolo panoramico, Arezzo ha bisogno un cambiamento di rotta realizzabile subito, e non di progetti fumosi e tanto meno privatistici.
Per dar corpo ad una visione, di cui l’amministrazione attuale ha dato ampia conferma di esserne priva, servono pensieri liberi, intuizioni artistiche, contributi di migliori menti politiche, insomma roba che la città di fatto AVREBBE come risorsa, ma che i mediocri non sanno riconoscere più valorosi al loro confronto.
Nello specifico potremmo anche parlare del valore fondamentale della cultura, il cui significato non è relegato ad intrattenimento e spettacolo.
La cultura deve uscire dai luoghi canonici e fare breccia con nuovi concetti di cultura: in primis credo si debba attivare un processo partecipato aperto alla città per promuovere un’operazione collettiva di costruzione della visione culturale della città, un momento di ascolto per far emergere contenuti-idee-persone, un processo di co-creazione.
E ripeto non si tratta di programmare o intrattenere, o fornire il progettino.
I miei pensieri vanno quindi alle soluzioni facili e a portata di mano, in cui certi aretini la smettano una buona volta di pensare di esser più ganzi degli altri: di questo passo la città si è solo dispersa nella più offuscata emarginazione.
F.T.