Si dirà: in giro c’è di peggio.
Il centro di Arezzo è una via crucis fra molteplici fenomeni di degrado ingravescente, uno slalom nel sudiciume, è un habitat in cui non ha più cittadinanza il sacrosanto diritto di vivere la città in modo ordinato e pulito.
E se il salotto cittadino è così, le periferie sono, addirittura, paragonabili a stanze in condizioni peggiori.
Verissimo, il centro è un pugno allo stomaco in cui potrebbe benissimo considerarsi un uppercut minore il grosso camion attrezzato per la vendita ambulante di dolciumi autorizzato a stare nel bel mezzo di piazza Guido Monaco, a fianco del monumento al benedettino inventore delle note musicali.
Dopotutto non è questo che manderà al tappeto l’immagine di città accogliente, ordinata e pulita che Arezzo vorrebbe esternare agli occhi dei residenti e dei turisti in arrivo dopo il covid-19.
Ok, non è il caso di farne una questione di degrado. Verissimo!
Però, è in discussione qualcosa che si chiama buon gusto, classe, eleganza.
A pensarla così è Liletta Fornasari, storico dell’arte e già rettore di Fraternita dei Laici, la quale giudica negativamente, sì, il pessimo layout offerto dal monumento simbolo della città assimilato al mastodontico furgone dolciario ma, giudiziosamente e con grande tatto, esercita la sua (condivisibilissima) critica quasi in punta di piedi, in segno di assoluto rispetto per l’attività di vendita ambulante in questione, che invece di essere autorizzata in Piazza Guido Monaco “potrebbe essere collocata diversamente”.
L’ art director, a sua volta, come la pensa?
Disapprova o avalla?
Il binomio statua-Tir è congeniale al tipo di bellezza in cui trasforma ogni cosa che tocca?