A due anni di distanza dalla sua rimozione dal sagrato della Chiesa di San Francesco, dove per alcuni mesi aveva fatto bella Mostra di se’ e dove sarebbe dovuto rimanere per espressa (e vincolante) volontà dell’Artista, che ne aveva fatto dono alla Città, ed a più di un anno di distanza dalla richiesta di notizie circa la sua attuale esistenza in vita rivolta dalle pagine delL’Ortica (leggi “A CAVAL donato NON SI GUARDA IN BOCCA“), nulla ancora sappiamo dell’imponente Cavallo di bronzo dello scultore messicano Gustavo Aceves, altrimenti denominato “Cavallo della Vera Croce”.
Difficile capire quali sono i motivi, che impediscono la ricollocazione di questa opera d’arte, se cioè, il problema sia stata la pandemia o se, invece, sia la Soprintendenza per i Beni Culturali, che non concede l’autorizzazione – sempre che sia stata richiesta – ad installarla in Piazza S.Francesco (si era parlato di una location diversa, in Piazza della Badia, ma lì i problemi sono di altro genere…).
Ma ancor più difficile è capire chi una risposta alla domanda sulla sorte del Cavallo di Aceves e sui tempi ed il luogo del suo riposizionamento è tenuto a dare a noi e agli aretini: di certo non il Sindaco-Podestà, perché lui è il meno indicato a dare spiegazioni sulle “desapareciones” e perché ha delegato la cultura, deresponsabilizzandosi ; forse ne saprà qualcosa il soggetto da lui delegato Fondazione Guido d’Arezzo, che curò l’organizzazione e la dismissione della mostra dei cavalli di Aceves ; o forse potrà informarci il Direttore Artistico di fresca nomina comunale, che, sotto traccia, si sta occupando di un po’ di tutto (qualcuno dice:..e di un po’ di niente).
Attendiamo fiduciosi una risposta, prima che il Cavallo diventi una leggenda come la Vera Croce.