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Arezzo, nell’album di famiglia: l’ultimo romanzo di Valentina Olivastri

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Valentina Olivastri, nata a cortona, abita a Oxford, in Gran Bretagna, dove lavora presso la biblioteca Bodleiana dell’Università di Oxford.
Ha scritto due romanzi: Prohibita Imago (Mondadori & Oscar Bestsellers),
La donna del labirinto (Miraviglia Editore & Bòveda – Spagna)
e alcuni racconti tra cui La casa della palma pubblicato su Paragone Letteratura, la rivista con sede a Firenze.
Valentina ha un dottorato in Studi Rinascimentali dalla University College London dove ha anche svolto l’attività di insegnamento.
Oltre alla scrittura creativa, ha anche varie pubblicazioni di natura accademica e pubblicistica avendo lavorato per il quotidiano britannico The Guardian.
Ha curato gli apparati critici delle ristampe degli Oscar Mondadori e tradotto vari testi tra cui la biografia James Joyce. Gli anni di Bloom (Mondadori) di John Mc Court.

Recensione del grande dantista, Prof. Lino Pertile, Harvard University e Accademia dei Lincei

Ne è protagonista Edi, una giornalista che disamorata della vita londinese decide di trasferirsi a Borgo, in Toscana, dove l’aria ha “un sapore domenicale” e il tempo è “ciclico, elastico, regressivo… i minuti persi come spilli”. Insomma, una vita senza ansie, ma il ritrovamento casuale di una vecchia raccolta di foto viene a scuotere gli equilibri dell’intero paese.

Dico subito che ho trovato il libro molto attraente e l’ho letto con piacere e interesse.
Dico ‘attraente’ non soltanto perché grazioso e gradevole, ma perché pieno di brio e intelligenza, un sorriso, un’aria scherzevole e leggermente ironica che sembra percorrerlo dall’inizio alla fine.
Per una buona metà non se ne intravvede una vera e propria trama, ma non importa, un capitolo tira l’altro, come le ciliege.

La narrazione di Edi sembra tutta presa dalla quotidianità dei rapporti umani e, per così dire, ambientali con il paese e la sua gente.
Domina sovrano il tema gastronomico associato alla storia, alla cultura, alla lingua, insomma alla vita locale.
La lingua mi sembra quella colta, spigliata, fluida, parlata oggi in Toscana da persone colte che sanno mescolare con buon gusto il livello alto e il popolare ma senza mai finire nell’astruso o nello sguaiato.
L’uso di modi di dire e espressioni comuni la rendono autentica, facendola sembrare più parlata che ‘scritta’: lo provano i dialoghi.
Un personaggio, Fosca, parla esclusivamente in toscano, un toscano trascritto a regola d’arte.
La cosa è indubbiamente divertente, ma c’è il pericolo che il lettore venga distratto da queste schegge di puro dialetto.

E veniamo alla ‘storia’ che, come dicevo, per un bel po’ non si vede e poi sembra consistere nel progetto di Edi di sedurre Lorenzo.
Questo progetto arriva a un approdo definitivo col riferimento improvviso a “quella notte”, una notte di fuoco illustrata nel capitolo seguente.
La cosa bella e spiazzante è che la ‘storia’ vera si scopre solo dopo, quasi alla fine del racconto, quando l’album finisce sotto gli occhi della persona giusta.

A questo punto il lettore ritorna indietro e scopre che in effetti la narrazione è disseminata di segnali che puntavano in quella direzione ma, ahimè, lui non li aveva notati, non se n’era accorto.
Il segreto che emerge alla fine getta una luce nuova sul paese e sul racconto.
Ora in paese non tutto è rose e fiori come poteva sembrare prima.
Dietro alla serena, gradevole, spiritosa quotidianità si nascondono segreti indicibili che un vecchio album di fotografie, riemerso inaspettatamente per puro caso, rivela sconvolgendo personaggi e lettore.
Nonostante la sua aria giocosa e svagata, dunque, un libro da leggere con attenzione.

Lino Pertile, Harvard University

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