Con quella donata dal Rotary Club e collocata dal Comune di Arezzo nel deserto di cemento di Piazza della Stazione, sono, ora, quattro le riproduzioni della Chimera che si offrono alla vista degli Aretini e dei turisti: due copie si trovano dal 1931 al centro delle fontane ai lati dei Giardini Porcinai, che, nonostante il restauro di dieci anni fa, sono di nuovo un po’ malandate per mancanza di manutenzione, ma che, per lo meno, è consolante sapere che non rischiano di perire per annegamento, dato che da lungo tempo non vedono un goccio d’acqua se non quella piovana ; un’altra copia, opera dello scultore Enzo Scatragli, è stata allocata dal Quartiere di Porta del Foro nel 1999 all’interno di Porta San Lorentino, a pochi metri di distanza dal luogo del ritrovamento della Chimera originale, che venne letteralmente razziata dal Magnus Dux Cosimo I de’ Medici e portata a Firenze, dove ancora si trova alla faccia degli Aretini, che ne rivendicano la proprietà.
Per la verità ce ne sarebbe anche una quinta copia, anch’essa donata dal Rotary Club Arezzo, ed è quella tattile a grandezza naturale, che, essendo realizzata con materiale biodegradabile, è stata opportunamente sistemata in una sezione del Museo Archelogico Mecenate, al riparo dall’azione – o, per meglio dire, dalla inazione – dei microrganismi politici e burocratici primari e secondari locali.
C’è, quindi, una inflazione di Chimere ed è giunta l’ora di cambiare animale, cosa che appare tutt’altro che semplice, perché presuppone il reperimento di un’opera d’arte, di una statua o di un monumento ad oggetto faunistico-zoologico, possibilmente originale e di un certo valore simbolico, come è, ancorché in copia, la nostra amata Chimera d’Arezzo.
Un’operazione non facile, abbiamo detto, ma non quando un’opera d’arte con queste caratteristiche ce l’hai bell’e pronta e per di più senza spendere un centesimo.
Da questa pagina in più occasioni abbiamo inutilmente domandato all’A.C. ed alla sua derivata Fondazione Guido d’Arezzo che fine ha fatto l’imponente Cavallo di bronzo, che lo scultore messicano Gustavo Aceves, al termine della mostra delle sue opere (Giugno 2019), ha donato alla Città, con l’intesa che si sarebbe provveduto al suo riposizionamento dinanzi alla Basilica di San Francesco, nel luogo ove era stato per tutto il periodo della mostra e per tale motivo dall’artista stesso denominato “Cavallo della Vera Croce“.
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Poiché nessuno si è degnato di fornire notizie in proposito e sempre sul presupposto che il Cavallo di Aceves sia ancora in vita e non sia stato fuso per farne qualche scultura tipo Foro Italico, la collocazione su un lato di Piazza della Stazione della riproduzione della Chimera meritoriamente donata dal Rotary Club, ci induce ad inoltrare a chi di competenza la proposta di riesumare il Cavallo di Aceves e di posizionarlo sull’altro lato della piazza, così da avere insieme all’ingresso della Città, quali biglietti da visita turistici, i due simboli identitari di Arezzo: la Chimera, per le nostre origini etrusche, ed il Cavallo, anche se non del tutto Rampante (ma tant’è, visto che di rampante ad Arezzo non c’è rimasto niente, neppure la società di calcio), quale simbolo “..di valore e di animo intrepido degli Aretini “.
HIC SUNT CHIMEMAERAE