Anche l’edicola di via Emilia è chiusa.
Fabrizio, che avevamo intervistato a febbraio, non ce l’ha fatta.
È la normale legge del mercato, direte voi.
No, quando chiude una edicola c’è qualcosa di più che coinvolge il nostro modo di pensare, la nostra cultura.
“Leggete più i giornali e guardate meno i telefonini” fu il suo messaggio.
Ma in un paese dove è stato accertato che molta gente non sa leggere e non capisce il significato delle parole oltre le due righe, l’appello era destinato al fallimento.
Perché leggere su carta ti costringe ad una certa lentezza e ti mette in moto tutti i collegamenti del pensiero.
Sul cellulare è tutto più liquido, basta leggere uno slogan banale perché altri lo condividano; non c’è il pensiero ci sono solo le impronte di una società in disgregazione mentale.
Guardate i molti concerti musicali che si tengono in questo periodo.
A decine, centinaia di ragazzi, non interessa gustare le parole delle canzoni, ma stanno per tutto il tempo con il cellulare acceso a braccia alzate a registrare il loro idolo solo per dire “c’ero anche io”.
Certo, la colpa ce l’hanno anche i giornali che spesso si sono asserviti al padrone di turno facendo disaffezionare i lettori.
Ma la lettura è cartacea e non mediatica.
Ogni volta che una edicola chiude è un collegamento con il pensiero che si spegne.
E basta fare un giro per Arezzo per vederne tante, troppe, di edicole che hanno serrato le porte.
Grazie Fabrizio per i tuoi 37 anni di attività, vendendo piccoli sprazzi di vita.
Perché non bisogna leggere come fanno i bambini (e molti adulti) per divertirvi come si fa su tik tok.
No, occorre leggere per vivere e far parte del mondo.
La lingua italiana, per chi la sa usare leggendo, scrivendo e parlando, sta bene. Stanno male gli italiani che la sanno usare poco.
Tullio De Mauro