Del bieco provincialismo di cui è intrisa questa città ne avevo già parlato allorquando un ospite, colto e raffinato, nonché persona esperta d’arte, mi fece notare, camminando tra il dedalo di strade del centro storico, la cifra di quanto andava affermando.
Orbene, sono giunte in redazione alcune foto che ben sottolineano, qualora ce ne fosse ancora bisogno, questo modus operandi.
Le foto sono state scattate in via Cavour dove fa angolo con Piaggia del Murello lì dove sussiste l’oratorio dei Santi Lorentino e Piergentino di proprietà della Fraternita dei Laici e dove è in corso di svolgimento una piccola, ma deliziosa mostra su Eleonora da Toledo, consorte di Cosimo I De’ Medici.
A proposito, a segnalare la mostra uno striscione a parete calato dall’alto ed un paio di fotocopie in bianco e nero appiccicate all’ingresso della biglietteria.
La Cappella fu edificata grazie ad un lascito dell’orafo Paolo di Ghisello, che al Canto alla Croce abitava.
L’orafo predispose da testamento che dopo la sua morte e quella della moglie Margherita al posto della casa sarebbe dovuta sorgere una cappella dedicata ai protomartiri, da mettere sotto il patronato della Fraternita dei Laici.
Nel 1379 il piccolo oratorio esisteva già e negli immediati anni a seguire fu impreziosito nella facciata da sei formelle in pietra arenaria con le “Storie dei santi Lorentino e Pergentino”, realizzate da maestranze aretine, e dall’affresco scomparso con la “Madonna della Misericordia” di Spinello Aretino.
Un luogo storico e di valore, dunque, che oggi accoglie interessanti eventi d’arte come la mostra in corso di svolgimento, ma questo valore, sia il Primo Rettore dell’antica Istituzione sia il Sindaco nonché il direttore della Fondazione Arezzo in Tour non sembrano proprio che lo colgono.
Perché direte voi?
Presto detto!
Di fronte all’ingresso della cappella e all’ingresso mostra (di fianco) ad ostruire il passaggio, e a deturpare la visuale della facciata, alcuni alberelli in vaso e, apparecchiati una serie di tavolini con ombrelloni oltre ad un cartello in ferro battuto che reclama l’osteria e le specialità culinari che lì su quei tavoli è possibile degustare.
Dall’aver permesso questo arredo ben si comprende quanto valore si dà al nostro patrimonio storico/artistico proprio da coloro che lo dovrebbero valorizzare.
Ci sorprende e ci stupisce che il Primo Rettore, che ha sempre dolci parole per questa città, per la sua storia ed il suo patrimonio storico/artistico, non abbia visto o tolleri questo “obbrobrio”.
Sorvoliamo sul Sindaco, che non c’è mai e sul direttore della Fondazione che aretino non è, ma sul Primo Rettore no!
Non lo possiamo tollerare.
Tutti debbono lavorare, ne hanno diritto, ma ognuno deve avere rispetto dell’altro e della cosa comune.
Il turismo non lo si incentiva solo con i rocchi, porchetta e minestra.
E non sono soltanto i localini tipici che fanno turistica una città!
Chissà cosa direbbe donna Eleonora!
Gastro Màrtiri