Il grosso, grasso Natale dell’Ascom aretina è andato in scena ed ora ha spento le luci, almeno quelle delle casette del villaggio tirolese che, spiegateci voi, cosa c’entrano con la tradizione dell’Arezzo medievale: solo l’Ascom, a quanto pare, lo sa!
Ad ogni buon conto, il bilancio, di cui vanno fieri, è di un 1.000.000, si di un milione di presenze, dicono loro.
Tanta roba!
Davvero tanta roba diciamo noi che, però, ci pare un tantinello esagerato.
Dal 19 novembre al 26 dicembre, poco più di una mesata, che tale cifra di cristiani si siano riversati nel piccolo e limitato centro storico, da piazza Vasari al Prato, pur mettendo in atto tutta la nostra immaginazione, facciamo una gran fatica a crederlo.
Tuttavia, non è questo che ci interessa analizzare ma, piuttosto, qual è stato il giro d’affari che tale appuntamento ha generato e di cui ha beneficiato la città.
Questo è ciò che ci interessa!
La città ed i suoi cittadini hanno dato sia in termini di pazienza sia di sacrificio quanto di disagio.
E questo è chiaro, cristallino e inconfutabile.
Ora ci dicano, invece, gli entusiasti organizzatori quanto questa “giostra” ha generato e se quello che ha generato, in termine di pecunia, è rimasto in loco o, come nei mercatini internazionali, ha già preso altre strade!
Non ci basta la novella della notorietà e pubblicità.
Questa non è una città sconosciuta, non lo è mai stata.
Semmai, non è mai stata la città dell’unto, dello stinco, dei brezel.
Al più, di qualche fetta di porchetta, senza far torto al Monte e a Cortona.
Crediamo, anzi ne siamo proprio convinti che, al di là di folcloristiche manifestazioni che vivono il tempo di una meteora, questa Arezzo merita ben altro che sia duraturo nel tempo, che sia consono al glorioso passato, che sia proporzionato alla capacità recettiva.
La lotteria dei numeri non ci appassiona e mai ci appassionerà se non quelli che riguardano il giro d’affari che, terra terra, è quello che a tutti interessa almeno per giustificare queste settimane di gran disagio.
Arezzo di prima, quella che questi fenomeni continuano a prendere a paragone in senso negativo, era un posto bellissimo e grazie a loro non tornerà più.
Altro che grandi numeri, ti guardi intorno e ti chiedi dove ca…. vanno a finire tutti questi benefici, chiudono negozi, ristoranti, attività, quel pezzettino di centro si sta mangiando tutto il resto, tra l’altro dovrebbe essere preservato invece di essere affogato nell’olio fritto o devastato da ruote, palchi ecc.
Il loro grande successo per me è una profanazione insanabile di una ex splendida città.
In una Piazza Grande ridotta a un immondezzaio, sabato 31 dicembre chiuderà per sempre bottega uno dei più famosi antiquari, che per quasi quarant’anni ha caratterizzato il luogo con il suo spirito professionale. Veramente
“Ciao Ciao”, a lui e a questa sfortunata città: «arca di miele amara come fiele, verrà gente novella goderà questa terra». Abbiamo visto e vediamo come «gente novella» sia già venuta…
Oramai siamo in caduta forzata da anni , una parte della citta’ e’ di fatto espropriata , il resto perlopiu’ trascurato.
Aumentano i numeri ritenuti “positivi” ma anche quelli negativi , visto che sono sottoposte a stress sempre le note zone della Citta’ .
Da anni ,“democraticamente”, noleggiamo a chiunque il salotto di casa , a untori e unti .
Ora , tra il non ricevere nessuno per non togliere la plastica al salotto nuovo o cagarci sopra senza la plastica , va trovata una via di mezzo.