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Vallucciole 13 Aprile 1944… Quando la mamma la russa!

L'astrage di Filippo Nibbi

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 Notambulanza

La notàmbula dice che l’astrage è del tempo in cui si sentiva l’aradio poggiandoci l’orecchio sopra, auscultandola, e ciascuno dava per vera l’aparola che aveva raccattato e l’amici capivano benissimo quello che si diceva in maniera talmente innocente e pura che “astrage” voleva voler dire “no alla strage” e “aradio” “no alle sostanze radioattive, alla bomba atomica” e così via, e l’alingua era parlata agli angoli delle strade e agli orecchi delle persone cieche,
come la parlano loro, gli angioli, così acuti che conoscono l’alfa privativo prima e l’alfa e l’omega dopo.
È amorale?
Acefalo?
È ansiano: contro le ansie, antico?
O Astrage è un re ietto?
Gesù, fosse lui!

Di fatto, ciò che è avvenuto il 13 aprile I944, in provincia di Arezzo, a Vallucciole, si ripete ora.
È che “alcuni bambini di due, tre, quattro anni furono squartati; altri lanciati in aria e abbattuti con raffiche di mitra.
Tutti gli esseri umani che in quel giorno furono incontrati dai nazifascismi, furono trucidati”.

La stragegìa. Cantico d’Astrage
A aprile, quando inizia il settembrino colore rosso-ruggine dei pioppi, che poi diventa verde ricoprendo il piano della valle Casentino e affolla pioppi a vista, rinquadrati ai lati dei rigagnoli e sull’Arno, nel luogo de Le Tombe, e dopo Poppi a Pratovecchio, Stia, dai Seri, Vadi, Bucchi, Marche, Trenti, Ristori Fortunata, Gambineri.
Viviano, su a Vallucciole, il colore, il 13 di aprile, è ancora rosso-ruggine, ma in piano ha già raggiunto il verde: la vivezza degli angeli.
Viviano Gambineri è stato massacrato come segue:

la testa gliela schiantano a un muretto, com’è che fanno ai passeri neonati: neonato lui medesimo.
Tre mesi ha quando lo massacrano i tedeschi nazisti pei fascisti su spiata di un figlio di puttana che invidiava il grano dato tutto ai partigiani da tutti i contadini di Vallucciole:

dai Seri, Vadi, Bucchi, Marchi, Trenti, Ringressi, Michelacci, Marconcini…
Ne ammazzano altrettante di creature insieme a padri e madri.
Trenti Pietro è un bimbo di tre anni. Gambineri, neonato, è di tre mesi; fracassato
al muro, dove mettono, i nazisti, pigiati, i contadini: cento e otto, come la neve stretta ai muriccioli… “Io ebbi la costanza solamente di vedere la moglie e i miei bambini che non erano vivi.
Volevo mi uccidessero.
Il sergente che aveva me in consegna mi spinse al Falterona come si spinge una candela,
senza giacchetta.
Venne una burrasca di grandine di freddo.
E di lì, nella spinta che mi dette, alla velocità che presi diceva, quel tedesco:

No no!… Niente Kaputt.
Tu essere buono.
Io non pensava mai più succedesse.
Andai per governare le mie bestie.
E c’erano due porte, nella stalla.
Si aprirono le porte. Vanno dentro.
Qui stanno radunate tutte donne.
Piangevano le donne, coi bambini.
Comincia già a bruciare qualche casa.
Mi portano su in vetta delle case.
Quando si torna giù, c’era la strage”.

(spinge, “spingere” in dialetto aretino significa “spengere”, spinta significa “spenta”.)

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Filippo Nibbi
Filippo Nibbi
Nato a Cortona. Poeta e scrittore della Fantastica arte di inventare il possibile e renderlo reale con il gusto del sogno, delle creatività e del piacere. Ha collaborato con Gianni Rodari. È autore del poema "Parlando di mio nonno Polifemo".
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