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Lettera alla Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Siena Grosseto Arezzo

Immagine: Mimmo Paladino, senza titolo, 1984, disegno. Arezzo, collezione privata

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Scrivo, pur sapendo che scrivere per ottenere risposte, anche solo per veder funzionare il detto: «chiedere è lecito, rispondere è cortesia», può rivelarsi un esercizio spiacevole, egotismo in più particolari e rari casi.
Ma la mia è necessità oggettiva e pertanto faccio latore di questa lettera «l’Ortica», speranzoso in tal modo di avere considerazione.
Fine del preambolo.

Vorrei essere tranquillizzato.
So che i suoni, le vibrazioni, i rumori possono far male al cervello, dove giungono per lo più tramite l’udito: «la trasformazione della musica in rumore è un processo planetario che fa entrare l’umanità nella fase storica della bruttezza totale.
La bruttezza si è manifestata dapprima come onnipresente bruttezza acustica: le automobili, le motociclette, le chitarre elettriche, i martelli pneumatici, gli altoparlanti, le sirene.
L’onnipresenza della bruttezza visiva non tarderà a seguire.» (Milan Kundera, «L’insostenibile leggerezza dell’essere»).
Società di rumori, dunque, e io voglio essere tranquillizzato che i suoni, le vibrazioni, i rumori non facciano male anche ai monumenti.

Vediamo che, per quanto insigni, a certi monumenti si suona forte accanto: il Duomo; mentre ad altri sempre si transita sotto con i motori a scoppio: la Pieve.
Per i suoni si tratta di occasionalità che però si ripetono (di qua o di là) fino, sommandosi, a diventare settimane, mesi, dei quali, almen per ora, in un anno ce ne stanno dodici soltanto; non molte centinaia in una vita media dell’uomo: non può permettersi di rinunciare a passare tranquillo tanti mesi della stessa, tranquillo o almeno non offeso.

Io, che di mesi ne ho trascorsi quasi otto centinaia, domando a questo punto se posso star tranquillo circa la possibilità di lasciare alla progenie – in condizioni per lo meno dignitose – questi monumenti accanto e sotto ai quali si suona e si transita in vibrante rumoreggiare.
A lustri, o meglio a secoli si misureranno i nostri insulti, la nostra ignavia e le nostre insostenibili leggerezze.
Tranquillizziamo i monumenti.

Tocco infine i casi che si creano intorno alle sedi dei Quartieri nelle settimane della Giostra, lì non ci sono monumenti, solo case normali di gente normale con certo il diritto a vivere in un contesto ambientale dignitoso.
C’è un fil rouge che ha condotto questa decadenza: mi ricordo benissimo le prime edizioni di Arezzo Wave in Fortezza, a cinquanta metri funzionava ancora l’ospedale.

Sono tutte negazioni della libertà individuale di pensare «al tempo in cui viveva Johann Sebastian Bach e la musica assomigliava a una rosa fiorita sulla sconfinata landa nevosa del silenzio.» (Milan Kundera, op. cit.).

Arezzo, luglio 2023 il Ciro

2 Commenti

  1. La soprintendenza non esiste altrimenti avrebbe da tempo impedito questo scempio.
    Conffondazioni a briglia sciolta malate di eventismo disorganizzato senza rispetto di orari, rumore e diritti dei cittadini.
    Confopposizione muta, troppo conf e poco opposizione.
    Le attività notturne a preponderante base alcolica sono prioritarie, nemmeno le bottigilate ai vigili urbani le scalfiscono.
    I residenti del centro e dintorni sono solamente un intralcio alla confcolonizzazione.

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