I giochi e le corse di Arezzo

il gossip di Cesare Fracassi

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Al tempo della Roma repubblicana e imperiale i giochi, o ludi, occupavano più della metà dell’anno.
Vi erano le feste di quartiere, quelle dei borghi contadini, quelle miitari, quelle che a sorpresa stabiliva lo stesso imperatore, insomma si seguiva quella che era la filosofia greca, educare il popolo fin da piccoli, per avere il concetto di società, lo spirito di lealtà, creare una forma di sfogo dal lavoro e dai problemi della vita.

I giochi tipici in quell’epoca erano lotte tra gladiatori, o con bestie feroci, corse di bighe, naumachie.
Nella nostra città, terza in epoca imperiale dopo Roma e Pompei, che contava 100 mila abitanti, come ora (Tito Livio), vi erano corse di bighe e le naumachie, ma mai vi furono lotte tra gladiatori.

Nel secondo secolo dopo Cristo, fu eretta una paratia ( la Parata) per convogliare ancor più acque verso un invaso, ( via del Ninfeo), che serviva per il castro, campo militare romano, e per avere le acque per le naumachie dell’anfiteatro.

Negli anni 50 fu estratto durante le fondamenta di un palazzo in Via Crispi una tubatura in bronzo di diametro, circa di 90 cm lunga più di 2 metri con degli spunzoni esterni, che dovevano servire per stabilizzare le varie giunture con le parti precedenti e successive.
L’Anfiteatro che poteva contenere 10 mila persone era poco più basso del Colosseo, tre gradinate e una platea ellittica di poco più di 90 metri e larga circa 50.
Il materiale usato, erano pietre tuface e laterizie, oltre che silicee, purtroppo il rivestimento esterno era di lastre di arenaria locale.
Molto del materiale è stato usato in epoca di alto medioevo per costruzioni civili e religiose così come le mura romane.

Ma ad Aretium si svolgevano anche le corse di bighe, o più precisamente duelli ad eliminazione, dalla Mossa fino a Saione circa due chilometri, partecipavano le migliori pariglie della zona, in epoche successive il tracciato che si proungava fino a piazza Vasari, era di corse di cavalli a 5 partecipanti, poi proibita, dopo la tragedia alla curva a gomito sotto la Pieve, tre spettatori che furono schiacciati da un cavallo.

Ma anche successivamente le corse o palio si svolgeva al Prato fino ai primi anni del 900.
Quando anche i Saracino si spostò in Piazza Vasari, sotto il Podestà Occhini.
La giostra contro il Buratto si svolgeva anche in molte altre frazioni di campagna intorno ad Arezzo, e questo per merito o volere di famiglie Longobarde, stanziatesi in Arezzo, tra le quali gli Albergotti.

Ma il gioco, le battaglie, nella mia fanciullezza seguirono, a mo’ di via Pal, nel dopo guerra.
Il Castro era scoperto fino quasi all’intersezione di via Assab con via Pietro Aretino.
“Culcitrone” , quei ragazzi che stavano dall’altra sponda del Castro contro quelli che stavano dall’altra parte, sassi, fionde dardi di canniccio, fertite, capi rotti e anche pugni, calci, o rotolamenti sull’ortica, per chi veniva preso.

Poi la Domenica la colazione, offerta dalle madri della zona più benestante, con latte e pane abbrustolito tutti misti insieme, io ero tra i più piccoli, facevo la sentinella al nostro fortino, una casa diroccata, non capivo, in settimana botte e poi tregua, ma si usciva tutti da una guerra e la solidarietà, che ora manca, era il presuposto della rinascita!

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