Accendo la televisione e sento dire che la Spagna cresce più dell’Italia, della Francia e della Germania.
In percentuale rispetto al PIL, questo è vero, ma occorre considerare alcuni fattori. Durante la pandemia di COVID-19, nel 2020-2021, la Spagna ha subito il tracollo economico più pesante tra queste nazioni, quindi oggi beneficia di un rimbalzo più marcato. Inoltre, la crescita percentuale va interpretata con attenzione: se un paese con un PIL di 100 cresce del 2%, arriva a 102; mentre un paese con un PIL di 200, per ottenere lo stesso 2%, deve crescere di 4 punti, arrivando a 204.
Francia e Germania, inoltre, stanno subendo gli effetti economici della transizione ecologica. La Francia ha visto limitate le sue opportunità di sfruttamento delle risorse africane a causa della crescente influenza di Russia e Cina, sia in ambito finanziario che per l’accesso alle materie prime. Entrambe le nazioni soffrono, inoltre, per le direttive dell’Unione Europea che penalizzano l’utilizzo degli idrocarburi.
Sul fronte del lavoro, Francia e Germania hanno ormai esaurito il vantaggio economico derivato dall’impiego delle seconde e terze generazioni di immigrati, e ora ne sentono il peso.
E l’Italia? Dopo la scellerata gestione del Superbonus 110%, che ha generato un’effimera spinta economica basata su sprechi e speculazioni, il nostro paese si trova costretto a rallentare la crescita e ad affrontare una stagnazione in un’Unione Europea priva di una visione comune, che rischia di cancellare le identità nazionali.
Pensare che le elezioni, influenzate da interessi finanziari e dall’utopia di un’integrazione pacifica e democratica, possano cambiare questa situazione è ingenuo. Servirebbe un’autorità dirompente, forse con uno stile “trumpiano” o “putiniano”, per restituire all’Europa un vero peso politico ed economico.
Infine, il controllo delle risorse energetiche è un altro nodo cruciale: Algeria, Libia, i giacimenti di gas e petrolio sono spartiti tra Francia, Germania e Italia, ma tutti noi siamo ostaggi di equilibri geopolitici instabili. In questo contesto, l’Italia sembra giocare un ruolo marginale, mentre la leadership di Giorgia Meloni è osservata con attenzione, soprattutto per i suoi rapporti con il nuovo presidente degli Stati Uniti.