Di corporatura possente, carnagione chiara, barba e capelli crespi, Annibale Barca avanzava con il suo esercito imponente. La sua colonna militare si estendeva per 15 chilometri ed era composta da circa 30.000 fanti, 10.000 cavalieri e 5.000 uomini al seguito degli elefanti.
Dopo aver attraversato gli Appennini tramite il passo della Porretta, si trovò nella zona paludosa prima di Firenze. Proseguendo lungo il corso dell’Arno, venne punto sotto un occhio da un calabrone. Nonostante le cure ricevute per tre giorni, perse definitivamente la vista dall’occhio sinistro.
L’armata procedeva con gli Ispanici in prima fila, seguiti dai Galli e, in coda, i Cartaginesi e i Numidi. Attraversato il passo della Verniana, si diresse verso la zona di Arezzo, nei pressi del fiume Esse, vicino a Foiano della Chiana. Tuttavia, Annibale evitò l’assalto diretto alla città, dove si trovava il console Flaminio con 25.000 uomini e una solida cinta muraria. Un attacco avrebbe indebolito il suo esercito, così preferì accamparsi sulle colline di Tuoro, vicino al lago Trasimeno.
Nel frattempo, da Rimini, l’altro console romano, Gneo Servilio, avanzava con 25.000 uomini per accerchiare l’esercito cartaginese. Flaminio, convinto che Annibale fosse già in marcia verso Roma, decise di inseguirlo senza ascoltare le milizie etrusche esperte del territorio. Il livello del lago Trasimeno, allora più basso di almeno due metri rispetto a oggi, era avvolto da una fitta nebbia. Flaminio, colto di sorpresa, subì una devastante sconfitta: 15.000 dei suoi uomini caddero in battaglia. La sua impazienza e il mancato coordinamento con Servilio, che non aveva ancora completato l’accerchiamento da est, segnarono la disfatta romana.