Il freddo punge la pelle,
ma sveglia i pensieri.
C’è qualcosa di puro nell’aria d’inverno,
qualcosa che sgrana i colori,
che fa respirare il mondo a pieni polmoni.
L’inverno ha un silenzio diverso dagli altri giorni,
un silenzio che non è vuoto,
ma denso di attesa,
come se la terra trattenesse il respiro
prima di sbocciare di nuovo.
Gli alberi spogli non sono vuoti,
stanno solo aspettando.
Aspettano il tempo giusto,
quello che porta nuova linfa,
quello che trasforma il gelo in fioritura.
Le giornate si accorciano,
il sole sembra avere meno forza,
ma nel suo pallore c’è una dolcezza particolare,
una luce che non brucia,
che accarezza le cose con delicatezza,
come le mani di un vecchio saggio.
Camminando nella nebbia,
tra il respiro che si fa visibile,
ci si può sentire soli,
eppure mai davvero abbandonati.
Perché il freddo non è solo privazione,
è anche abbraccio,
è anche coperta che avvolge il mondo
per lasciarlo riposare.
Anche l’anima, a volte, fa così.
Si stringe nel freddo,
si raccoglie in un angolo,
si chiude come una conchiglia
per proteggersi dalle intemperie.
Ma dentro, proprio lì dove sembra fragile,
sta custodendo la sua primavera.
E mentre tutto dorme sotto la neve,
c’è chi si prende cura dei piccoli battiti d’ali.
Sul davanzale, una manciata di semi,
una briciola di calore per chi non può scavare nella terra ghiacciata.
D’estate, l’acqua per dissetare,
d’inverno, grani sparsi come promesse di ritorno.
Perché anche nel gelo più duro,
basta un gesto per spezzare la fame del mondo.
L’inverno non è la fine di nulla.
È il tempo segreto delle radici,
dei semi che resistono sotto la neve,
delle promesse custodite nel buio,
pronte a tornare alla luce.
E quando il vento smetterà di essere così tagliente,
quando la brina lascerà spazio al primo verde,
quando i giorni torneranno ad allungarsi,
allora capiremo:
ogni gelo ha dentro di sé la sua rinascita.
S.S.C.