Capitolo IV: la torre senese e la strategia della Farfallla
Quattrocento fanti trainavano una delle tre torri d’assedio verso le mura aretine il 3 giugno 1288. Dopo gli innocui lanci da catapulta, che non avevano, oltre l’apice della parabola, una lunga ricaduta e quindi risultavano poco efficaci dal punto di vista distruttivo, questi quattrocento fanti avvicinarono la torre nella zona dell’attuale Porta di Santo Spirito, dove il nostro Pier era a difesa.
In un primo momento sembrava che i Senesi avessero la meglio, ma Leonio ebbe un’idea geniale: fece issare fin sopra il camminamento delle mura la cavallina di Pier del Turrino, Farfalla, e le fece portare un bigone d’acqua da bere, che proveniva dal vecchio pozzo sotto via delle Terme, in zona Santa Croce. Questo pozzo, ormai inutilizzato da anni, era inquinato dai piediluvi di diversi secoli.Continua a leggere
Farfalla riversò il liquido a getto continuo, e i poveri Senesi, che urlando tentavano di posizionare i rostri sulla sommità delle mura, non riuscivano neanche a incitarsi: le loro bocche si sarebbero riempite di un’acqua quasi nerastra, dal sapore simile al nome di quel famoso pizzaiolo di via Anconetana negli anni ’60.
“Senesi di merda!” urlavano gli Aretini, mentre spostavano la Farfalla, la cavallina, per contrastare il tentativo di avvicinamento delle altre due torri. I Senesi insistevano, ma Pier fece portare pietre e pezze: fu allora che le torri vennero bombardate e distrutte in tre colpi di aria compressa (vedi Capitolo II).
I condottieri massasenesi non sapevano più che pesci prendere: la cavalleria era inutilizzabile, le torri distrutte, le catapulte inefficaci. Così, elaborarono un piano che neanche l’astuto Ulisse avrebbe immaginato:
“Facciamo finta di ritirarci, andiamo nella foresta del Calcione a prendere del legno e costruiamo uno stallone, fornito di un attrezzo in tensione. Così, a quella cavalla si stringerà il culo e le si aprirà la passera, e non ci danneggerà più nel nostro assedio!”
E così fecero.
Capitolo V: il cavallo di legno e il fuoco della passione
Dopo cinque giorni di inutili tentativi d’assedio, il cavallo di legno fu finalmente costruito, seguendo il progetto di uno scultore maremmano. Il muso era normale, così come tutte le altre parti del corpo, perfettamente proporzionate, salvo un dettaglio: l’attrezzo, che invece di essere nero, fu verniciato di un rosso porpora…Continua a leggere
Appena Farfalla lo vide, iniziò a nitrire in modo esagitato. Sul camminamento delle mura, si mise a dressaggiare di traverso, muovendosi sinuosamente, finché, nel trambusto, le si mossero le budella e le scappò un peto così potente da stendere tre dei quattro palafrenieri addetti al suo cannone. L’unico sopravvissuto si preparò, e facendo sporgere il dietro di Farfalla tra due merli, attese il momento giusto: con una torcia accesa, incendiò l’equino soffione della cavalla, che in un attimo incenerì il ligneo destriero nemico.
Sconsolati, i Senesi decisero di non sprecare oltre tempo e risorse in quell’inutile assedio. Ma non avevano fatto i conti con il grande Leonio, che rimuginava su come sopraffare gli assalitori. Fu così che, sfruttando una chiavica che fuoriusciva dal greto del Castro, la cosiddetta Porta Nascosta o Porta Buia, decise di far uscire cento cavalieri, comandati da Buonconte.
Attraversando il Bastardo, Viciommaggio e Badia al Pino, i cavalieri avevano preparato trappole nella zona del Toppo: passaggi obbligati e buche scavate nella candepola resero la maggior parte dell’esercito massasenese inutile e incapace di difendersi dagli agguati degli Aretini. I pochi superstiti riuscirono a fuggire fino a Tegoleto, dove poterono solo leccarsi le ferite prima di tornare a casa… sempre beccati e bastonati.