Di ritorno dalla città di Aba, nello Stato di Abia, la cui capitale è Umuahia, uno stato grande quanto una nostra media regione e parte della Repubblica della Nigeria, mi imbarcai su un autobus insieme ad altre 48 persone, accompagnato da una guardia del corpo.
L’autobus era al completo, con ogni sedile occupato e un carico notevole sia nei vani bagagli che sul tetto. Non era certo di lusso, ma aveva una televisione con videocassette di film.
Erano le 19 e il cielo era ancora chiaro quando effettuammo il check-in. Completate le operazioni di carico, alle 20:30 partimmo dalla Middle Street, il nostro borgo principale, avvolti nell’oscurità.
Appena fuori città, al nostro pullman si unirono altri due autobus e alcuni camion, formando una carovana di almeno sette mezzi, scortati da tre uomini armati di mitraglietta.
Ci dirigemmo a nord, verso lo Stato di Enugu, e all’una di notte ci fermammo nella città omonima per rifornimento e una breve pausa in un piccolo snack bar della stazione, dove già sostavano altre carovane.
Da sette mezzi rimanemmo solo in quattro e proseguimmo verso est, diretti a Benin City, nello Stato di Edo. Attraversammo foreste e giungle senza mai scorgere luci di città o villaggi, percorrendo una sorta di autostrada immersa nella natura selvaggia. Qui, un altro autobus si defilò.
Arrivammo a Lagos all’alba, intorno alle 6 del mattino, in uno dei mercati più malfamati della città. Senza perdere tempo, il mio accompagnatore trovò un taxi per portarci all’aeroporto internazionale Murtala Muhammed. Il mio volo, però, sarebbe partito solo alle 22.
Ci sistemammo in un container adibito a bar-ristorante poco distante. Trenta anni fa non c’erano telefoni con cui distrarsi, e l’attesa fu interminabile. Il viaggio di notte, però, si rivelò una scelta giusta: nel container almeno c’erano due ventole funzionanti che alleviavano il caldo soffocante.
Dopo aver pranzato con un piatto di riso e un osso spolpato, entrai nel caos dell’aeroporto. La mia guardia del corpo mi affidò a un altro addetto, incaricato di assistere anche altre due persone.
Spese del viaggio:
- Guardia del corpo, vitto e mancia: circa 50.000 lire
- Addetto all’aeroporto: 5.000 lire
L’addetto mi accompagnò al check-in e alle 20 entrai finalmente nella tranquilla area d’imbarco. Per ingannare l’attesa comprai un quotidiano locale.
Sfogliandolo, il mio sguardo si posò su un titolo di quinta pagina: “Cannibals: Head Eaters”.
Nonostante il mio inglese scolastico, compresi il significato agghiacciante dell’articolo: a Kano, la capitale, il proprietario di un ristorante assumeva camerieri, ma serviva le loro teste cucinate a facoltosi clienti per 1.000 dollari a pasto. Almeno sei camerieri erano stati uccisi in due anni prima che l’uomo