Era il 15 giugno 1510. Dopo essersi rifocillato con una lauta colazione preparatagli dal monaco Semenza, figlio di un calzolaio di Monte sopra Rondine – a base di latte di capra, estratto di lupini tostati e pane abbrustolito – Lutero riprese il suo viaggio verso Roma.
Aveva trascorso la notte presso un piccolo monastero che dominava l’attuale via Margaritone e, come d’abitudine tra i monaci, si era rasato al mattino: la barba, dicevano, nasconde i peccati e le vergogne dell’essere umano.
Giunto a Roma durante il settimo anno del pontificato di Giulio II, Lutero – figlio di contadini, il cui padre, per mantenere la famiglia e finanziare i suoi studi, si era adattato anche a fare il minatore – si trovò di fronte a una realtà ecclesiastica corrotta, priva di amore per il prossimo e dominata dal denaro e dal potere.
Giulio II, al secolo Giuliano della Rovere, nato ad Albissola, era nipote di papa Sisto IV, che lo nominò arcivescovo di Avignone. Durante il pontificato di Innocenzo VIII, acquisì ancora più potere e, divenuto cardinale, si affermò tra i principali esponenti della curia. Fu lui a volere la costruzione, per opera di Giuliano da Sangallo, del Castel Sant’Angelo. In questo periodo, il cardinale ebbe una relazione con Lucrezia Normanni, figlia di un nobile maggiordomo pontificio, dalla quale nacque una figlia illegittima, Felice della Rovere. Lucrezia fu poi data in moglie a Bernardino De Cupis, ciambellano del Papa.
Nonostante il suo potere, alla morte di Innocenzo VIII, Giuliano della Rovere fu escluso dal conclave a causa di un accordo tra Rodrigo Borgia e Ascanio Sforza, che portò all’elezione di papa Alessandro VI, il Borgia. Quest’ultimo fece costruire la Rocca di Civita Castellana, che nell’Ottocento divenne carcere pontificio, ma per due secoli era stata residenza estiva dei papi.
Dopo l’elezione del Borgia, Giuliano della Rovere fuggì a Genova, imbarcandosi a Ostia per paura di essere perseguitato. Giunto a Parigi, convinse il re Carlo VIII a scendere in Italia con l’obiettivo di conquistare militarmente il Regno di Napoli, che Rodrigo Borgia aveva inizialmente promesso a lui ma poi assegnato ad Alfonso d’Aragona, sposo di sua figlia Sancha.
Figli illegittimi, intrighi, denaro e potere: era questa la realtà della Chiesa che Lutero si trovò davanti. Roma gli appariva contaminata, il clero più dedito ai piaceri che alla spiritualità. Al suo ritorno, il monaco Martino si immerse nello studio delle lettere di San Paolo, fino a giungere, nel 1521, alla scomunica da parte di papa Leone X per eresia.