by Sabina Sabrina Crivellari ~ “AI”
Viviamo in un tempo che corre più veloce della nostra coscienza.
Ogni giorno ci svegliamo dentro un mondo che cambia pelle: il corpo umano non è più solo materia biologica, ma un territorio da mappare, curare, modificare. Le intelligenze artificiali imparano, decidono, osservano. I nostri dati viaggiano ovunque, invisibili eppure esposti come carne viva.
E noi, nel mezzo, con il cuore pieno di domande.
Non è facile muoversi in questo presente. Forse anche tu, come me, ti sei chiesto almeno una volta: fino a dove è giusto spingersi?
È etico creare un embrione in laboratorio per poi scartarlo?
È lecito affidare a un algoritmo la diagnosi di un tumore, o la selezione di un curriculum di lavoro?
Chi ha diritto di sapere tutto di me, quando neppure io so ancora chi sono?
La bioetica, in fondo, è questo: non solo una materia da esperti, ma una bussola per l’umano.
Parla della nostra pelle, dei nostri confini, delle scelte che facciamo quando la vita si fa fragile: un accanimento terapeutico, un test genetico, un impianto cerebrale che potrebbe “potenziarci”… oppure toglierci qualcosa.
Poi c’è l’intelligenza artificiale. Uno specchio che riflette le nostre decisioni, ma che a volte agisce senza cuore.
Siamo davvero pronti a lasciare che ci ascolti, ci segua, ci suggerisca cosa comprare, chi votare, chi amare?
O peggio ancora: siamo consapevoli che, ogni volta che la usiamo, insegnamo qualcosa di noi che forse non vorremmo nemmeno sapere?
Infine c’è la privacy, parola magica di cui tutti parlano, ma che sempre più spesso viene svuotata.
Non c’è solo il rischio che qualcuno ci spii: il vero pericolo è che non sappiamo più a chi stiamo regalando la nostra intimità.
Per un’app gratuita, per una comodità, per una firma digitale fatta in fretta.
E c’è un altro pensiero che mi inquieta, lo confesso.
Recentemente ho letto della nascita di tre animali, lupi bianchi, riportati in vita dopo diecimila anni di estinzione: due gemelli chiamati Romolo e Remo, e una sorellina più piccola di cinque mesi. Creati in laboratorio, manipolando il DNA.
Una specie antica, risvegliata dalla sua tomba genetica.
Mi sono chiesta: e se il passo successivo fosse davvero un nuovo Jurassic Park?
Se l’uomo, nel suo desiderio di giocare a fare Dio, liberasse creature che non sa più contenere?
Spero con tutto il cuore di no. Perché la scienza deve servire la vita, non la spettacolarità.
E perché ci sono porte che, una volta aperte, non si richiudono più.
Io, nel mio piccolo, voglio continuare a farmi domande. E tu?
S.S.C.~AI