Cari moralisti con la calcolatrice impolverata e l’indignazione sempre pronta su WhatsApp, sedetevi e respirate profondamente: la prostituzione ha finalmente un codice Ateco. Sì, proprio così. Quel “mestiere più antico del mondo”, che da sempre sfila nell’ombra tra ipocrisie e moralismi, ora entra dalla porta principale dell’Istat, con tanto di codice fiscale, riconoscimento statistico e (udite udite) possibilità di essere tassata. Una vera rivoluzione: benvenuti nel 2025.
L’amore ai tempi del fisco
Il codice è il 96.99.92. Suona quasi come il numero di un amante misterioso salvato sotto falso nome. Ma no, è solo la burocrazia che si mette il rossetto per una volta e decide che forse, tutto sommato, anche chi lavora con il proprio corpo ha diritto a un posto nella contabilità nazionale.
E non stiamo parlando solo di escort in abiti griffati che sorseggiano champagne in hotel a cinque stelle. No. Questo codice, assai democratico, include “fornitura o organizzazione di servizi sessuali, eventi di prostituzione, speed dating, gestione di locali”. Insomma, tutto ciò che finora fingeva di non esistere. Ora, con un colpo di penna e un click su Fatture & Corrispettivi, si torna visibili. Viva l’inclusione!
Il dramma dei benpensanti
Ovviamente, si sono già levate le grida di dolore. “Il fisco normalizza la prostituzione!” strepita qualcuno con la stessa enfasi con cui ci si scandalizzava per i Beatles che cantavano “Love Me Do”. Il Codacons parla di “corto circuito fiscale”, come se non vivessimo da decenni in un Paese dove gli evasori comprano Maserati e chi lavora nei bordelli resta invisibile. E la senatrice Maiorino denuncia lo scandalo come se non sapessimo già tutti che il vero scandalo è stato ignorarlo fino ad oggi.
Ma suvvia. È ora di crescere.
La vera domanda è: e allora?
Perché mai la vendita del corpo dovrebbe essere meno rispettabile della vendita di armi o di derivati finanziari tossici? Perché tassare il sesso consensuale tra adulti dovrebbe fare più scandalo del redditometro o dell’IVA su assorbenti?
In un’Italia dove il meretricio vale 4,7 miliardi di euro l’anno – praticamente come il mercato dei gelati e della pizza surgelata messi insieme – far finta che non esista è ridicolo. E soprattutto: ingiusto. Perché chi lavora, anche nel piacere, ha diritto a diritti, tutele, contributi, e – udite udite – a pagare le tasse come tutti gli altri.
La morale del fisco
Il punto non è se la prostituzione sia “giusta” o “sbagliata”. Il punto è che c’è. E che lo Stato, invece di girarsi dall’altra parte o fingere che si tratti di improvvisate coniugali tra sconosciuti, ha finalmente acceso la luce su questo angolo d’ombra. Con un codice. Con un nome. Con un posto nel PIL.
E sapete una cosa? Fa bene. Perché lo Stato laico, serio e adulto non giudica. Incassa.
Benvenuti, quindi, nel Paese in cui puoi finalmente mettere “escort” nella casella “professione” del 730 senza temere il rifiuto dell’INPS o una chiamata dalla parrocchia.
Il piacere è tutto nostro. E adesso anche vostro. Fiscalmente.
A parte che questo codice Ateco sembra proprio strutturato per la riapertura dei casini…ma allora, visto che la maggioranza sono straniere, mettetegli anche i dazi…ci stanno togliendo una marea di posti di lavoro…