Quando arrivò ad Arezzo dal Trento, nessuno lo conosceva. Ma già dai primi allenamenti si capiva che aveva qualcosa in più: sprigionava una potenza negli strappi tale da mettere in crisi ogni marcatore. In tre campionati, tra ammonizioni ed espulsioni dei suoi diretti avversari, si è perso il conto.
La sua struttura fisica ricorda quella di un atleta scolpito, “fatto di gomma piena”, come si dice da queste parti. Eppure, di botte ne prende tante, ma le regge tutte: una vera trazione anteriore.
Ricordo una partita a Ponsacco: nel primo tempo, tra acqua e fango, sembrava giocare da solo con la palla, tenendola per 25 minuti su 40. Poi la consacrazione a Livorno: squassò la difesa labronica, e la sua “rabona” fu il sigillo personale a quella partita.
Dall’altra parte c’è Camillo, un numero 7 atipico che gioca a sinistra. Rapidissimo e con un tiro che ricorda Gento, l’ex ala spagnola degli anni ’50 e ’60. In estate mi telefonò un suo vecchio allenatore, da quando era bambino: mi disse che era veloce, ma non mi disse che aveva un destro esplosivo e un sinistro più che discreto.
Le sue doti tecniche sono da categoria superiore: gli agganci al volo sulle parabole di Guccione sono da applausi.