In un’epoca in cui tutto fa notizia, e spesso a sproposito, siamo ormai giunti al punto di emettere comunicati stampa per eventi che, un tempo, sarebbero rientrati nella più pacifica e gioiosa normalità: tipo nascere.
Ebbene sì, una giovane mamma della Valtiberina ha partorito. A termine. Con contrazioni regolari. A casa. E, notizia nella notizia: la neonata è nata viva e senza complicazioni. E qui, la centrale del 118 si emoziona e decide di condividerlo con il mondo, come se si trattasse del primo caso documentato di riproduzione umana spontanea nel XXI secolo.
Il tono è quello da operazione chirurgica a cuore aperto eseguita su un aereo in volo. E invece, spoiler: una donna ha fatto esattamente ciò per cui il suo corpo è progettato. Ha partorito. Punto. Ma viviamo in tempi in cui il normale è diventato straordinario. E il parto – se avviene fuori dal tempio sacro dell’ospedale – è automaticamente percepito come un atto estremo, da eroina borderline. Tipo arrampicare senza corda, ma col cordone.
Certo, leggiamo con piacere che l’equipe medica ha fatto il suo dovere con professionalità. Ci mancherebbe. Ma la vera domanda è: perché dobbiamo continuare a parlare del parto a casa come se fosse una scommessa con la morte, invece che una scelta consapevole e – dati alla mano – sicura?
Eh già, perché quando mamma partorisce a casa per caso, l’evento diventa favola a lieto fine. Ma quando lo fa per scelta, diventa una criminale irresponsabile che mette in pericolo la vita di suo figlio. Due pesi, due cordoni.
In tutto questo, il comunicato ci ricorda che “fino agli anni ‘50 partorire in casa era piuttosto comune”. Ma allora, cosa è successo? Siamo diventati tutti più fragili, o solo più dipendenti da monitor, flebo e una cultura della medicalizzazione che confonde l’assistenza con l’intervento?
Forse il vero pericolo non è partorire a casa, ma credere che un ospedale sia l’unico posto dove la vita può iniziare in sicurezza. Quando in realtà, tra cesarei non necessari e manovre da manuale di meccanica industriale, spesso è proprio lì che la nascita smette di essere naturale e inizia a sembrare un’estrazione mineraria.
Allora sì, celebriamo pure la “notizia”. Ma con un pizzico di ironia e una domanda seria:
non sarà il caso di smettere di considerare l’eccezione ciò che dovrebbe essere la regola?
E magari, la prossima volta, risparmiamoci il comunicato stampa. A meno che la bambina non sia nata cavalcando un unicorno. In quel caso, fateci sapere.