Ieri mattina, durante il nostro circuito culturale nell’antica Arezzo, sotto le Logge Vasariane (progettate da Giorgio Vasari, ma la cui costruzione non fu da lui diretta), una guida turistica raccontava a un folto gruppo di visitatori la figura di Cosimo I come innovatore.
Figlio di “quell’assassino” Giovanni dalle Bande Nere – condottiero impulsivo e attaccabrighe – Cosimo venne nominato Duca di Firenze dopo l’assassinio di Alessandro de’ Medici, per mano di Lorenzino de’ Medici, appartenente anch’egli al ramo popolano della famiglia. Le grandi famiglie fiorentine, illudendosi che la giovane età di Cosimo permettesse loro di controllare il potere attraverso il Consiglio dei Quarantotto, si dovettero presto ricredere. Già nel primo anno di governo, infatti, Cosimo affrontò la rivolta di Filippo Strozzi, fuoriuscito da Firenze con l’appoggio della Francia e di alcune città vicine. Avvicinatosi invece all’imperatore Carlo V, Cosimo affidò la repressione ad Alessandro Vitelli, che sconfisse i ribelli a Montemurlo. I nemici furono poi rinchiusi al Bargello e giustiziati.
A soli vent’anni, Cosimo sposò la diciassettenne Eleonora di Toledo, ottenendo l’appoggio del Re di Napoli. La moglie gli diede undici figli, ma morì nel 1562, insieme a tre di loro, a causa della malaria contratta mentre cercavano cure a Pisa per la tubercolosi. Questo episodio testimoniava l’insalubrità dell’aria fiorentina di quel tempo.
Cosimo, ultimo Duca di Firenze (prima della trasformazione in Granducato nel 1569), esercitò un controllo capillare sul territorio: limitò l’espansione di Sansepolcro, Arezzo, Pistoia e perfino Siena, facendo erigere cinte murarie e fortezze per controllarle militarmente. Ad Arezzo ordinò l’abbattimento della Torre Rossa – simbolo dell’antica indipendenza cittadina – e di circa dodici torri che ostacolavano la sorveglianza della nuova fortezza progettata dal Sangallo. Bloccò i passi del Cerreto e fortificò anche Forlì, nella cosiddetta “Toscana romagnola”, trasformando di fatto il suo ducato in una prigione.